Il centro islamico medievale di El Castillejo, in Andalusia (Spagna), è stato abbandonato nel XIII secolo molto probabilmente a seguito di un forte terremoto. Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista PLOS ONE: si tratta della più antica testimonianza ad oggi nota di un terremoto nella regione di Granada. La scoperta potrebbe fornire nuove informazioni utili per la prevenzione del rischio sismico nella zona.
El Castillejo era un villaggio fortificato costruito sulla cima di una collina e circondato da mura. Gli scavi archeologici realizzati in passato suggeriscono che sia stato abitato tra l’XI e la metà del XIV secolo, ma fino ad oggi gli studiosi non erano riusciti a spiegare la ragione di un importante episodio di abbandono precedente alla sua completa dismissione nel tardo medioevo.
La nuova campagna di indagine e di scavi ha ora messo in luce che con ogni probabilità la fine prematura di El Castillejo è stata causata da un forte terremoto che ha colpito la regione di Granada. A confermarlo è la presenza di muri danneggiati o collassati, fratture negli edifici, pavimenti e tetti crollati, oggetti domestici rotti e tracce di incendio.
“La nostra indagine ha combinato l’analisi dei danni sismici presenti nelle strutture con una serie di scavi stratigrafici mirati e l’utilizzo di aggiornate tecniche di datazione assoluta”, spiega Paolo Forlin, Marie Curie Fellow e assegnista di ricerca al Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna, primo autore dello studio. “L’insieme di queste rilevazioni ci ha permesso di concludere che la zona di El Castillejo è stata colpita da un terremoto avvenuto con ogni probabilità in un momento compreso tra il 1224 e il 1266”.
L’area dell’Andalusia in cui si trovano i resti dell’antico insediamento islamico è una delle più sismicamente attive in Europa. L’ultimo grande terremoto registrato, risalente al 1884, ha interessato una zona di 14.000 chilometri quadrati, distruggendo numerosi abitati e causando circa mille vittime. I documenti storici sui terremoti nella regione sono però scarsi e non ci sono testimonianze precedenti al XV secolo.
“Nonostante si trovi in un’area fortemente sismica, El Castillejo è in una posizione particolarmente remota e isolata, e questo potrebbe spiegare l’assenza di testimonianze scritte sul terremoto che abbiamo rilevato”, spiega Forlin. “Inoltre, l’area su cui sorgeva l’abitato restò sotto il controllo della dinastia islamica nasride fino al 1492, e quando la zona venne conquistata dai cristiani migliaia di manoscritti furono bruciati a Granada, cancellando con ogni probabilità i documenti che parlavano del sisma”.
La presenza di oggetti di uso domestico e di tracce di incendio, provocato probabilmente da bracieri o candele cadute durante le scosse, sono un elemento fondamentale per poter concludere che El Castillejo era abitato al momento del terremoto. Testimonianze di epoca successiva suggeriscono che il centro è stato poi in parte ripopolato dopo il sisma, ma solo pochi edifici sono stati ricostruiti con materiali di recupero e di bassa qualità.
“Questi risultati ci offrono la testimonianza del più antico terremoto registrato nella regione di Granada e spiegano perché El Castillejo venne abbandonato e poi solo in parte abitato nuovamente”, dice in conclusione Forlin. “Riteniamo che essere venuti a conoscenza di questo ‘nuovo’ terremoto possa aiutare le agenzie europee che si occupano di eventi sismici nel lavoro di prevenzione e valutazione dei rischi, attività che si basa in buona parte su cataloghi sismici purtroppo lacunosi”.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista PLOS ONE con il titolo “Recovering a lost seismic disaster. The destruction of El Castillejo and the discovery of the earliest historic earthquake affecting the Granada region (Spain)”. Per l’Università di Bologna ha partecipato Paolo Forlin, assegnista di ricerca al Dipartimento di Storia Culture Civiltà, affiliato anche alla Durham University (Regno Unito). Hanno partecipato inoltre Klaus Reicherter della RWTH Aachen University (Germania), Christopher M. Gerrard e Ian Bailiff della Durham University (Regno Unito) e Alberto García Porras dell’Universidad de Granada (Spagna).