Perché alcuni tumori, tradizionalmente ritenuti una malattia dell’età avanzata, sono in aumento tra i giovani adulti? Potrebbe essere l’effetto dell’invecchiamento biologico accelerato, a prescindere dalla data di nascita, secondo i ricercatori della Washington University di St. Louis, che domenica 7 aprile hanno presentato lo studio al congresso dell’American Association of Cancer Research. L’invecchiamento è uno dei principali fattori di rischio per molti tipi di cancro: più si invecchia, più è probabile che venga diagnosticato.
Ma sempre più esperti riconoscono che l’età non è solo il numero di candeline su una torta di compleanno. È anche l’effetto dello stile di vita, dello stress e della genetica, in pratica l’età biologica. I ricercatori l’hanno misurata in 150mila persone, di età compresa tra 37 e 54 anni, attraverso l’analisi di 9 marcatori nel sangue – dai livelli di albumina e creatinina al volume cellulare – e poi hanno analizzato l’incidenza di tumori, per valutare quelli diagnosticati prima dei 55 anni. La loro conclusione è che l’invecchiamento accelerato è associato a un aumento del rischio di cancro, in particolare di quello del polmone, dello stomaco, dell’intestino e dell’utero.
L’importanza dell’età biologica
“Questo studio fornisce spunti interessanti che possono essere collegati all’attività di ricerca e ai pilastri della longevity“, commenta Ennio Tasciotti, direttore Human Longevity Programn dell’IRCCS San Raffaele di Roma e ordinario di Tecnologie avanzate per il benessere e l’invecchiamento all’Università Telematica San Raffaele di Roma. “In primis, appare evidente la rilevanza dell’età biologica rispetto a quella anagrafica nel determinare il rischio di sviluppare alcune patologie, in questo caso il cancro. Questo concetto – spiega – è cruciale nell’ambito della ricerca sulla longevity, perché sottolinea come fattori quali lo stile di vita, lo stress e persino l’epigenetica possano influenzare il processo di invecchiamento e, di conseguenza, la predisposizione a determinate malattie”.
“L’identificazione di biomarcatori associati all’invecchiamento accelerato, come menzionato nell’articolo – puntualizza lo scienziato – potrebbe fornire preziose informazioni per sviluppare strategie preventive personalizzate, un concetto in linea con l’approccio a una medicina personalizzata, che personalmente sostengo come uno dei pilastri della ricerca sulla longevity. Potrebbe infatti consentire una valutazione più accurata del rischio individuale di sviluppare malattie legate all’invecchiamento, consentendo interventi preventivi mirati. Sì dunque ad uno stile di vita sano, come dieta equilibrata, attività fisica regolare e sonno adeguato, per ridurre il rischio di malattie croniche; questo approccio richiama un concetto olistico di salute, fondamentale nell’affrontare l’invecchiamento”. “Ritengo infatti importante adottare abitudini di vita salutari per favorire il benessere fisico e mentale a lungo termine integrando interventi preventivi personalizzati che considerino sia i fattori genetici che quelli ambientali, al fine di promuovere una migliore qualità della vita per tutti”, conclude Tasciotti.