Il 20 maggio 2012, alle ore 04:03 italiane, la terra tremò in Pianura Padana Emiliana. Un terremoto di magnitudo Mw 5.8 colpì duramente le province di Modena, Mantova, Ferrara e le aree circostanti, segnando l’inizio di una lunga e devastante sequenza sismica. Questo evento sismico non fu isolato: seguirono oltre 3000 repliche (aftershocks), tra cui un potente terremoto di magnitudo Mw 5.6 il 29 maggio alle ore 9:00 italiane, che causò ulteriori crolli e vittime.
L’impatto del terremoto in Emilia-Romagna
La prima scossa, con epicentro localizzato tra Finale Emilia e San Felice sul Panaro in provincia di Modena, e Sermide in provincia di Mantova, ebbe un impatto devastante. Sebbene molti edifici abitativi rimasero integri, il sisma provocò danni significativi a edifici di culto, beni storico-culturali e capannoni industriali. La zona colpita era classificata come area a bassa pericolosità sismica, secondo la delibera del Consiglio Regionale dell’Emilia Romagna del 2003, un fattore che rendeva ancor più inaspettata e tragica la portata della distruzione.
Conseguenze immediate
Il terremoto causò la morte di 7 persone, 5 delle quali persero la vita a causa di conseguenze dirette dell’evento sismico, mentre 2 morirono per cause concomitanti. Le province di Modena e Ferrara furono le più colpite, con danni significativi anche nelle province di Bologna e Mantova.
Dichiarazione dello Stato di Emergenza
La gravità della situazione portò il Presidente del Consiglio dei Ministri a emanare una dichiarazione di eccezionale rischio di compromissione degli interessi primari, come previsto dalla legge del 2002. Il 22 maggio, il Consiglio dei Ministri dichiarò lo stato di emergenza per le province di Ferrara, Modena, Mantova e Bologna, fissandone la durata a 60 giorni. Il coordinamento degli interventi fu affidato al Capo del Dipartimento della Protezione Civile, Franco Gabrielli.
Interventi di Protezione Civile
Il 22 maggio, Gabrielli firmò un’ordinanza per disporre i primi interventi urgenti di protezione civile, volti al soccorso e all’assistenza della popolazione colpita, nonché agli interventi provvisionali necessari. Alla conclusione dello stato di emergenza, il coordinamento passò alle Regioni Emilia-Romagna e Lombardia, ciascuna per i territori di competenza.
Un lungo periodo di instabilità
La sequenza sismica non si fermò con le prime scosse. Si contarono altri 6 terremoti di magnitudo pari o superiore a 5, e un totale di 24 eventi sismici di magnitudo compresa tra 4.0 e 4.9, oltre a circa 230 scosse di magnitudo tra 3.0 e 3.9. Questo prolungato periodo di instabilità sismica mise a dura prova la resilienza delle comunità locali, richiedendo un impegno straordinario da parte delle autorità e della popolazione per la ricostruzione e il ritorno alla normalità.
Il sisma causò complessivamente 28 morti e 300 feriti, 45mila le persone sfollate, con una stima dei danni per 13 miliardi: quattro i capoluoghi coinvolti e 55 i comuni, oltre a 48 comuni limitrofi che subirono danni solo in alcuni edifici.
La ricostruzione
La ricostruzione è quasi completata, iniziando dalle abitazioni private e dalle attività produttive. Dopo le devastanti scosse di terremoto del 20 e 29 maggio 2012 e i difficili mesi successivi, la Regione Emilia-Romagna presenta un bilancio del lavoro svolto, evidenziando un investimento complessivo di 7,07 miliardi di euro concessi e 6,12 miliardi di euro liquidati.
Ecco i numeri della ricostruzione: circa 20.000 abitazioni ripristinate e 28.000 persone tornate nelle proprie case; 570 scuole ripristinate o ricostruite ex novo; oltre 6.800 piccole attività commerciali, artigianali e di servizi rese di nuovo agibili; 3.359 aziende industriali e agricole ristrutturate e altre 2.155 imprese che hanno messo in sicurezza i propri stabilimenti o spazi di produzione.
Inoltre, circa 1.200 interventi nei centri storici sono già conclusi, con un nuovo bando in corso per la riqualificazione o nuove aperture di botteghe, uffici, attività artigianali e professionali. Sono state anche riaperte 371 chiese al culto. Nel frattempo, continuano i lavori per completare il Piano delle opere pubbliche e dei beni culturali, elaborato in collaborazione con le Soprintendenze e le autorità ecclesiastiche, reso più complesso dai vincoli storici e architettonici esistenti.
Negli ultimi 2-3 anni, ha spiegato la Regione, “si è dovuto fare i conti con un aumento imprevedibile dei prezzi delle materie prime che ha impattato fortemente sugli interventi della ricostruzione e per il quale è stato richiesto e ottenuto uno stanziamento aggiuntivo di 10 milioni per la ricostruzione pubblica che nel corso del 2023 ha permesso di sbloccare cantieri e lavori per oltre 130 milioni“.