I cambiamenti climatici, modificando fortemente le condizioni di umidità e siccità, potrebbero rendere determinati territori dell’Africa meno favorevoli alla trasmissione della malaria già a partire dal 2025. Lo rivela uno studio condotto da ricercatori dell’Università britannica di Leed e pubblicata sulla rivista Science.
Non è tutto positivo, tuttavia: i cambiamenti climatici, infatti, determinando una riduzione di disponibilità di acqua, aumentano il rischio che si diffondano altri tipi di malattie come ad esempio la dengue.
La malaria, secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), nel 2021 ha causato quasi 620mila decessi e 247 milioni di contagi a livello globale. Di questi, il 95% si sono registrati in Africa, dove si stima che 8 morti su 10 siano bambini minori di 5 anni. Ma, stando sempre a dati dell’Oms, la dengue non è meno preoccupante: nel 2023 sono stati segnalati 171.991 casi e 753 decessi. L’Africa risulta anche tra le prime quattro regioni per incidenza di febbre gialla, chikungunya, O’nyong nyong, febbre della Valle del Rift e Zika.
Inoltre, se da un lato l’aumento della siccità potrebbe ridurre il proliferare delle zanzare, portatrici del virus della malaria, d’altro canto le piogge torrenziali che si registrano in altre aree aumentano la formazione di acquitrini e pozze d’acqua stagnante. È il caso dell’Africa orientale in queste ultime settimane: Kenya, ma anche Rwanda, Somalia, Etiopia, Tanzania e Burundi stanno registrando inondazioni con morti e centinaia di migliaia di sfollati. L’Organizzazione per le migrazioni (Oim) riferisce che hanno dovuto lasciare le proprie case 234mila persone solo negli ultimi sette giorni, e sono ben 637mila quelle totali dall’inizio di questa emergenza.
In Paesi occidentali come il Marocco, invece, si registra una grave siccità che continua a determinare crisi idriche in vari comuni.