Hanno amministrato importanti Regioni e città durante la pandemia utilizzando il pugno di ferro: hanno auspicato lockdown duri, sostenuto le chiusure, in molti casi sono persino andati oltre. Poi si sono vaccinati, ed è iniziato il loro calvario sanitario. Oggi si sono pentiti. Stiamo parlando di Nino Spirlì, che si è ritrovato a governare la Regione Calabria dopo l’improvvisa scomparsa di Jole Santelli (di cui era vice Presidente regionale) durante la pandemia, e Cateno De Luca, all’epoca sindaco di Messina.
Spirlì chiudeva persino le scuole quando non ce n’era alcun bisogno, con la regione in zona gialla, mentre De Luca aveva bloccato persino il traghettamento in Sicilia controllando il territorio in modo capillare con droni e megafoni affinché nessuno uscisse di casa. La sua popolarità è esplosa a livello nazionale proprio durante la pandemia.
Spirlì già da tempo ha denunciato pubblicamente le gravi conseguenze di salute subite dopo la vaccinazione, ha parlato apertamente di “veleno somministrato” e non ha usato mezzi termini sul suo pentimento rispetto alla scelta di sostenere le vaccinazioni. Cateno De Luca è più dubbioso sugli effetti avversi del vaccino rispetto alle sue condizioni sanitarie, ma in ogni caso è pentito di aver esagerato in quel modo durante la pandemia. Oggi, infatti, ha detto: “con la pandemia ci siamo trovati in un momento complesso ed ho cercato di agire e reagire. Non sono stato il sindaco dei droni, mi sono comportato da uomo delle istituzioni e subito dopo ho capito che c’erano elementi modificati e fatti ad arte. Quando ho capito tante cose ho denunciato i posti farlocchi in rianimazione e mi sono scontrato più volte con l’assessore della sanità di allora Ruggero Razza. la verità è che il sistema stava lucrando su quella situazione, serve un’indagine seria su quanto successo in quei periodi. Non so se i miei problemi di salute sono dovuti al vaccino, però i dubbi restano”.