Everest: da simbolo dell’alpinismo a “scalata della morte” e “montagna di spazzatura”

L'Everest, la montagna più alta del mondo, negli ultimi anni ha visto un aumento preoccupante del numero di scalatori
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La situazione sull’Everest è diventata tanto affascinante quanto inquietante. Mentre il mondo osserva con ammirazione le imponenti vette della montagna più alta del mondo, emergono preoccupazioni e interrogativi sullo stato attuale delle spedizioni e sull’etica dell’alpinismo.

La scalata della morte

Negli ultimi tempi, l’Everest è diventato tristemente noto come “la scalata della morte” a causa del numero crescente di vittime che si registrano sulla montagna più alta del mondo. La recente tragedia ha portato a una profonda analisi sulla sicurezza e la gestione delle spedizioni in alta quota.

Recentemente, dieci scalatori hanno perso la vita a causa di malori legati all’altitudine, sollevando gravi interrogativi sul sovraffollamento delle rotte di salita e sui lunghi tempi di attesa per raggiungere la vetta. Secondo l’ufficio del turismo nepalese, la congestione sulla montagna potrebbe aver contribuito a queste tragedie, con scalatori costretti a rimanere in fila per diverse ore a quote estreme. La bassa concentrazione di ossigeno a quell’altitudine rende l’ipossia, o mancanza di ossigeno, la principale causa di morte in montagna, accelerando il deterioramento del corpo umano.

La presenza eterna di “Green Boots”

La presenza di “Green Boots“, il cui vero nome è Tsewang Paljor, aggiunge un aspetto ancora più inquietante alla già temuta “zona della morte” lungo il tracciato dell’Everest. Paljor faceva parte di una spedizione indiana che ha affrontato una tempesta feroce nel maggio del 1996. Dopo essersi separato dai suoi compagni di spedizione, ha cercato rifugio nella Cima Sud, dove è stato sorpreso dalla tempesta e ha perso la vita.

Il suo corpo, rimasto lì per più di due decenni, è diventato un punto di riferimento sinistro per gli scalatori che percorrono quella via. La vista di Green Boots è stata descritta come un momento raccapricciante e di riflessione, una testimonianza tangibile delle sfide mortali e delle tragedie che possono colpire gli scalatori sull’Everest. La sua presenza mette in luce la fragilità della vita umana in un ambiente così estremo e imprevedibile, sottolineando l’importanza di valutare attentamente i rischi e prepararsi adeguatamente prima di intraprendere una spedizione sulla montagna più alta del mondo.

Il sovraffollamento dell’Everest

La montagna più alta del mondo, negli ultimi anni ha visto un aumento preoccupante del numero di scalatori, con il 2019 che ha registrato il triste record di ben 802 persone in vetta in un solo giorno.

La lunga coda creatasi sull'Everest

Questo affollamento estremo ha portato a diverse problematiche:

Pericoli per la sicurezza:

  • Code e rallentamenti: L’alto numero di persone crea code e rallentamenti nei punti più stretti del percorso, aumentando il rischio di incidenti e sfinimento degli scalatori.
  • Maggior rischio di “mal di montagna”: La salita lenta a causa delle code aumenta il tempo di esposizione all’alta quota, incrementando il rischio di mal di montagna, una condizione potenzialmente fatale.
  • Finestre di tempo ristrette per la salita: L’afflusso di scalatori concentra le ascensioni in finestre di tempo ristrette, aumentando il rischio di maltempo e diminuendo le possibilità di soccorso in caso di emergenza.

Impatto ambientale:

  • Aumento dei rifiuti: L’elevato numero di scalatori genera una notevole quantità di rifiuti, che spesso vengono abbandonati sulla montagna, creando un grave problema di inquinamento.
  • Danni all’ecosistema: Il passaggio frequente di persone e l’installazione di campi ha un impatto negativo sulla flora e la fauna locale, danneggiando un ecosistema fragile.

Problemi sociali:

  • Sfruttamento degli sherpa: L’aumento della domanda di guide alpine ha portato a uno sfruttamento degli sherpa, spesso mal pagati e sottoposti a condizioni di lavoro rischiose.
  • Commercializzazione eccessiva: L’Everest è diventato sempre più una destinazione turistica, con pacchetti commerciali che promettono la scalata a prezzi accessibili, attirando persone non adeguatamente preparate e aumentando i rischi.

Inquinamento sull’Everest

Chilometri di corde in nylon abbandonate e altri rifiuti lasciati dagli scalatori hanno trasformato l’Everest in una “montagna di spazzatura“, un fenomeno amplificato dall’afflusso sempre crescente di alpinisti in cerca di gloria. Questo accumulo di rifiuti non solo deturpa l’aspetto naturale della montagna, ma ha anche effetti devastanti sull’ecosistema fragile dell’Himalaya.

Inquinamento sull'Everest

La presenza di microplastiche, derivanti dalle corde e dagli altri materiali lasciati dietro, minaccia la vita selvatica e inquina le fonti d’acqua, compromettendo la sopravvivenza delle comunità locali che dipendono da esse. Mentre si discute degli sforzi per migliorare la sicurezza degli scalatori sull’Everest, è altrettanto urgente affrontare il problema dell’inquinamento e adottare misure per preservare l’integrità ambientale di questa meraviglia naturale.

Il Record di Nirmal Purja

Il progetto “Project Possible“, ideato da Nirmal Purja MBE, meglio conosciuto come Nims, è un’impresa straordinaria che mira a scalare tutte e 14 le vette più alte del mondo in soli 7 mesi. Nims ha intrapreso questa missione titanica per sfidare i limiti umani e per dimostrare che con determinazione e dedizione, è possibile compiere imprese che sembrano impossibili. Il progetto ha attirato l’attenzione globale grazie alla sua natura audace e alla sua ambizione senza precedenti, e la diffusione virale dell’immagine del traffico sovraffollato sull’Everest ha portato ulteriore enfasi sulla sfida che Nims sta affrontando.

Le tragedie legate all’altitudine, come i recenti casi di morte causati da malori dovuti all’ipossia, sollevano dubbi sulla sicurezza e la sostenibilità delle imprese estreme sull’Everest. Questi incidenti mettono in discussione la preparazione e la gestione delle spedizioni, evidenziando i rischi connessi con l’affrontare l’altitudine estrema e le condizioni meteorologiche avverse. Inoltre, la congestione sulla montagna può aggravare i sintomi del mal di montagna e rendere più difficile la gestione delle emergenze mediche, mettendo a rischio la vita degli alpinisti e del personale di soccorso.

L’Everest come attrazione turistica

L’Everest, una volta considerato il culmine dell’avventura e della sfida umana, si sta trasformando sempre più in una meta turistica accessibile anche ai meno esperti. Con l’aumento del turismo di massa, le agenzie di viaggio offrono pacchetti che includono l’ascesa verso la vetta, garantendo comfort e sicurezza a chiunque possa permettersi il costo elevato di tali spedizioni. Tuttavia, questo paradossale fenomeno solleva interrogativi sulla vera natura dell’alpinismo e sul significato dell’avventura.

Mentre alcuni cercano la comodità e il prestigio di raggiungere la cima dell’Everest con l’aiuto di guide esperte e supporto logistico completo, altri si domandano se questa sia veramente l’essenza della montagna e dell’esplorazione. La commercializzazione dell’Everest ha portato alla nascita di una nuova categoria di alpinisti, più interessati alla foto di vetta che alla vera sfida dell’ascensione.

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