Da quando l’invasione russa dell’Ucraina è iniziata nel febbraio 2022, le conseguenze devastanti non si sono limitate solo alla popolazione umana e alle infrastrutture. Anche la fauna selvatica ha subito impatti significativi, come dimostrano le recenti osservazioni sulle aquile anatraia maggiore. Questi magnifici rapaci, noti per le loro spettacolari migrazioni, hanno dovuto modificare drasticamente le loro rotte migratorie per evitare le zone di conflitto armato. Le deviazioni forzate e le soste ridotte lungo il percorso potrebbero avere conseguenze gravi sul loro status già precario di specie a rischio di estinzione. Questo preoccupante fenomeno è stato documentato attraverso un tracciamento Gps di 19 esemplari, condotto da un team di ricercatori britannici dell’Università dell’East Anglia, in collaborazione con il British Trust for Ornithology e l’Università estone di Scienze della Vita. I risultati di questo studio sono stati pubblicati sulla rivista Current Biology.
Le conseguenze delle deviazioni forzate
Le aquile anatraia maggiore, costrette a deviare dalle loro rotte migratorie abituali per evitare le aree di conflitto in Ucraina, stanno affrontando sfide senza precedenti. Le deviazioni comportano non solo un allungamento delle distanze da percorrere, ma anche una riduzione delle soste necessarie per il rifornimento energetico. Questi cambiamenti nel comportamento migratorio possono avere ripercussioni significative sulla loro salute e capacità di riprodursi, aggravando ulteriormente il rischio di estinzione. Le deviazioni implicano una maggiore spesa energetica, poiché gli uccelli devono volare per distanze più lunghe senza fermarsi nei luoghi abituali dove avrebbero potuto nutrirsi e riposare. Queste modifiche forzate alle rotte migratorie possono anche esporre le aquile a nuovi pericoli e competizioni per risorse con altre specie.
Lo studio
Charlie Russell, dell’Università dell’East Anglia, spiega che lo studio fornisce la prima prova quantitativa dell’impatto dei conflitti armati sul comportamento degli animali migratori. “I conflitti armati possono avere impatti di vasta portata sull’ambiente, compresi cambiamenti nel comportamento degli animali. Il nostro studio dimostra come le aquile in migrazione abbiano effettuato deviazioni per evitare eventi di conflitto e abbiano trascorso meno tempo a fare rifornimento nei siti di sosta“, afferma Russell. Questo studio rappresenta un importante contributo alla comprensione di come le attività umane, oltre alle guerre, possano influenzare o modificare il comportamento degli animali. Le implicazioni sono vaste e preoccupanti, suggerendo che la presenza umana, attraverso vari tipi di attività, può avere effetti profondi e duraturi sugli ecosistemi e sulle specie che li abitano.
Prospettive future
La ricerca evidenzia la necessità urgente di considerare gli impatti ambientali dei conflitti armati nelle politiche di conservazione della fauna selvatica. Proteggere le rotte migratorie e i siti di sosta cruciali per le specie a rischio come le aquile anatraia maggiore deve diventare una priorità. Inoltre, è fondamentale monitorare continuamente gli effetti delle attività umane sugli ecosistemi per sviluppare strategie di mitigazione efficaci. Gli scienziati avvertono che senza interventi adeguati, le modifiche comportamentali forzate potrebbero portare a un declino irreversibile delle popolazioni di aquile anatraia maggiore. Questo studio pone anche una domanda più ampia e critica sulla sostenibilità a lungo termine degli ecosistemi naturali in aree di conflitto e l’importanza di un approccio integrato che consideri sia la conservazione della biodiversità che la risoluzione pacifica dei conflitti umani.