Piccole porzioni di tessuto cerebrale umano congelate e poi scongelate sono tornate a funzionare normalmente senza subire danni: il merito è di una nuova tecnica di crioconservazione che sfrutta una particolare miscela di sostanze chimiche per preservare le cellule nervose senza alterarne la struttura e le funzioni. L’hanno messa a punto i ricercatori della Fudan University di Shanghai, che pubblicano il loro studio sulla rivista Cell Reports Methods.
Il cervello che riprende vita
L’annuncio sta già facendo sognare molti appassionati di fantascienza, che sperano nella possibilità di ibernare i corpi umani per farli rivivere a distanza di anni o per farli viaggiare nello spazio verso altri sistemi stellari. Nell’immediato, però, i risultati dello studio saranno utili soprattutto alla ricerca scientifica, perché faciliteranno la conservazione degli organoidi di cervello usati in laboratorio per studiare le malattie neurologiche.
Proprio questi mini-cervelli sono stati usati dai ricercatori cinesi guidati da Zhicheng Shao per trovare il giusto mix di sostanze adatto alla crioconservazione: gli organoidi, grandi appena quattro millimetri, sono stati immersi in diversi composti chimici per poi essere congelati nell’azoto liquido per almeno 24 ore. I risultati migliori, in termini di sopravvivenza e crescita delle cellule dopo lo scongelamento, sono stati ottenuti con una miscela chiamata ‘Medy’, composta da metilcellulosa, glicole etilenico, DMSO e Y27632.
La sua efficacia è stata testata successivamente con una serie di esperimenti su organoidi che riproducevano diverse aree del cervello: immersi nella miscela Medy per 48 ore e congelati, sono stati poi scongelati e tenuti in osservazione per 150 giorni. I dati raccolti dimostrano che gli organoidi conservano la loro struttura, la funzionalità e la capacità di crescere, anche dopo un congelamento lungo 18 mesi. Risultati simili sono stati ottenuti su campioni di tessuto cerebrale umano grandi tre millimetri, prelevati da una bambina di 9 mesi operata per epilessia.