Nel vasto e complesso panorama della pandemia da COVID-19, l’arrivo della variante Omicron ha rappresentato un punto di svolta critico, mettendo alla prova le misure di protezione individuale, in particolare l’efficacia delle mascherine. Un’analisi dettagliata condotta dalla Norwich Medical School dell’Università dell’East Anglia, pubblicata sulla rinomata rivista Plos One, ha fornito un quadro approfondito sul ruolo di queste misure nella lotta contro l’ultima evoluzione del virus.
L’inefficacia delle mascherine
Guidati dal professor Paul Hunter, un team di ricercatori ha esaminato una vasta gamma di fattori correlati alla trasmissione del virus, dalla frequenza dei viaggi alle dinamiche familiari, dalle situazioni lavorative ai contatti intergenerazionali. I risultati, resi pubblici in questo studio esaustivo, hanno rivelato un cambiamento significativo nel ruolo delle mascherine nel contesto della diffusione della variante Omicron.
Prima dell’avvento di Omicron, l’uso costante delle mascherine era considerato uno dei pilastri della prevenzione, dimostrando di ridurre notevolmente il rischio di infezione. Tuttavia, da metà febbraio 2022 in poi, il panorama è cambiato radicalmente. Secondo le conclusioni dello studio, la probabilità di contrarre il virus per coloro che non indossavano mascherine sembrava essere comparabile a quella di coloro che le utilizzavano, mettendo in discussione l’efficacia di questa misura di protezione.
Il professor Hunter ha sottolineato che la variante Omicron ha dimostrato una maggiore capacità di infettare le cellule del tratto respiratorio superiore, rendendo le mascherine meno efficaci nel prevenire la trasmissione del virus. Questa scoperta ha richiesto una seria riflessione sulle strategie di prevenzione e sull’adattamento delle stesse di fronte all’evoluzione della pandemia.
Tuttavia, lo studio non si è limitato a esaminare l’efficacia delle mascherine. Ha anche evidenziato una serie di altri fattori che hanno subito significative modifiche a seguito della diffusione di Omicron. Ad esempio, famiglie numerose, tradizionalmente considerate più vulnerabili, sembravano essere meno a rischio dopo l’insorgenza della variante.
Le parole degli esperti
“Nel primo anno del Covid-19 – afferma Hunter – sono state pubblicate numerose ricerche scientifiche sull’argomento, successivamente le analisi e le indagini si sono ridotte. Sapevamo che l’utilizzo della mascherina fino a dicembre 2021 poteva ridurre significativamente il rischio di contagio, ma poi, con la diffusione di Omicron, questa abitudine non sembra aver influenzato le ondate di trasmissione”.
“Non siamo rimasti troppo sorpresi da questi risultati – commenta Julii Brainard, collega e coautrice di Hunter – le prove di laboratorio mostravano già che la variante Omicron poteva infettare meglio le cellule del tratto respiratorio superiore rispetto alle varianti precedenti. La gestione del rischio deve adattarsi allo sviluppo dell’epidemia, per prevenire le infezioni è necessario poter contare su una visione completa dei fattori più o meno rilevanti in merito alla trasmissione del virus”. I ricercatori hanno analizzato i dati disponibili dal sondaggio Covid dell’Ufficio per le statistiche nazionali (ONS) in Inghilterra, confrontando i tassi di infezione con un questionario relativo alla probabilità di ottenere un test positivo.
Allo stesso modo, altri fattori come l’etnia di appartenenza e le caratteristiche demografiche sembravano giocare un ruolo meno centrale nella trasmissione del virus rispetto al passato. Questi risultati mettono in luce la complessità e la mutevolezza della pandemia, sottolineando la necessità di adattare costantemente le strategie di prevenzione per affrontare le sfide emergenti.