Nuovi risultati forniscono un quadro più completo su quanto i laghi di lava siano diffusi sulla luna Io e rivelano per la prima volta i meccanismi dei processi vulcanici in atto. Questi risultati sono stati ottenuti grazie allo strumento italiano, finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) JIRAM (Jovian Infrared Auroral Mapper) a bordo di Juno, che “vede” nella luce infrarossa non visibile all’occhio umano. I ricercatori hanno pubblicato un articolo sulle più recenti scoperte “vulcaniche” di Juno su Nature Communications Earth and Environment.
Io ha affascinato la comunità astronomica sin dal 1610, quando Galileo Galilei scoprì la luna gioviana. 369 anni dopo, la sonda Voyager della NASA catturò un’eruzione vulcanica sulla luna. Le successive missioni Galileo e Juno hanno compiuto diverse osservazioni di Io e grazie a queste molti più dettagli sul suo vulcanismo sono stati scoperti. Gli scienziati pensano che Io, che è stirata e compressa come una fisarmonica dalla gravità delle lune vicine e dal massiccio Giove, sia il mondo più vulcanicamente attivo del sistema solare. Ma mentre ci sono molte teorie sul tipo di eruzioni vulcaniche che popolano la sua superficie, esistevano pochi dati a supporto.
A maggio e ottobre 2023, Juno ha effettuato sorvoli di Io con una distanza di avvicinamento di circa 35.000 chilometri e 13.000 chilometri, rispettivamente. All’epoca, i due sorvoli erano i più vicini che una sonda avesse raggiunto la luna gioviana in oltre due decenni. Tra gli strumenti di Juno che stavano osservando da vicino la luna affascinante e leggermente più grande di quella della Terra c’era lo strumento italiano JIRAM.
JIRAM è stato progettato per catturare la luce infrarossa proveniente dall’interno profondo di Giove, sondando lo strato meteorologico fino a 50-70 chilometri sotto la sommità delle nuvole di Giove. Ma durante la missione estesa di Juno, lo strumento è stato anche impiegato per studiare le lune Io, Europa, Ganimede e Callisto. Le immagini di Io prese da JIRAM hanno mostrato la presenza di anelli luminosi nell’infrarosso in corrispondenza numerosi “hot spot” (letteralmente, punti caldi, ossia caldere, vulcani o colate laviche).
“L’elevata risoluzione spaziale delle immagini a infrarossi di JIRAM, combinata con la posizione favorevole di Juno durante i sorvoli, ha rivelato che l’intera superficie di Io è coperta da laghi di lava contenuti in strutture simili a caldere (grandi depressioni formate quando un vulcano erutta e collassa)“, ha detto Alessandro Mura, un co-investigatore di Juno dell’Istituto Nazionale di Astrofisica di Roma. “Stimiamo che nella regione della superficie di Io in cui abbiamo i dati più completi circa il 3% sia coperto da uno di questi laghi di lava”.
Dentro la Bocca dei Laghi di Fuoco
I dati del sorvolo di Io di JIRAM non solo evidenziano le abbondanti riserve di lava di Io, ma forniscono anche un’idea di ciò che potrebbe accadere sotto la superficie. Le immagini a infrarossi di diversi laghi di lava su Io hanno mostrato un cerchio di lava estremamente sottile al confine, tra la crosta centrale (che copre la maggior parte del lago di lava) e le pareti del lago. La mancanza di flussi di lava oltre il bordo del lago, fanno supporre un sostanziale riciclo del magma, indicando che c’è un equilibrio tra quello che è eruttata nei laghi di lava e quello che è ri-iniettato nel sistema sotterraneo.
“Adesso abbiamo l’idea di quale sia il tipo di vulcanismo più frequente su Io: enormi laghi di lava dove il magma sale e scende“, ha detto Mura. “La crosta di lava è costretta a rompersi contro le pareti del lago, formando l’anello di lava tipico visto nei laghi di lava hawaiani. Le pareti sono probabilmente alte centinaia di metri, il che spiega perché generalmente il magma non viene osservato fuoriuscire dalle paterae (termine usato per indicare le caldere su Io, ossia strutture a forma di scodella create dal vulcanismo,) e muoversi sulla superficie della luna“.
I dati di JIRAM suggeriscono che la maggior parte della superficie di questi laghi di lava su Io è composta da una crosta rocciosa che si muove su e giù ciclicamente come una superficie unica a causa della risalita/ridiscesa centrale del magma. La crosta che tocca le pareti del lago non può scivolare a causa dell’attrito con le pareti del lago, quindi si deforma e alla fine si rompe – permettendo alla lava appena sotto la superficie incrostata di risultare visibile da JIRAM.
Un’ipotesi alternativa rimane valida – la risalita del magma al centro del lago. In questo scenario, la crosta isolante (anche se sottile) si diffonde radialmente attraverso processi di convezione nel lago e poi sprofonda ai bordi, esponendo la lava.
“Stiamo appena iniziando a esaminare i risultati di JIRAM dai sorvoli ravvicinati di Io a dicembre 2023 e febbraio 2024“, ha detto Scott Bolton, investigatore principale di Juno del Southwest Research Institute di San Antonio. “Le osservazioni mostrano nuove affascinanti informazioni sui processi vulcanici di Io. Combinando questi nuovi risultati con la campagna a lungo termine di Juno per monitorare e mappare i vulcani nei poli nord e sud di Io, mai osservati prima, JIRAM si sta rivelando uno degli strumenti più preziosi per comprendere come funziona questo mondo tormentato”.
Juno ha eseguito il suo 62° sorvolo di Giove – che includeva un sorvolo di Io a un’altitudine di circa 29.250 chilometri il 13 giugno. Il suo 63° sorvolo del gigante gassoso è previsto per il 16 luglio.
La missione
Il Jet Propulsion Laboratory della NASA, una divisione del Caltech a Pasadena, California, gestisce la missione Juno per l’investigatore principale, Scott Bolton, del Southwest Research Institute di San Antonio. Juno fa parte del Programma New Frontiers della NASA, gestito al Marshall Space Flight Center della NASA a Huntsville, Alabama, per la Direzione della Missione Scientifica dell’agenzia a Washington. L’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) ha finanziato il Jovian InfraRed Auroral Mapper. Lockheed Martin Space a Denver ha costruito e gestisce la sonda spaziale.