Gli scienziati stanano la paranoia: ecco in quale zona del cervello vive

"Questo studio potrebbe guidare lo sviluppo di approcci terapeutici innovativi"
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La paranoia, spesso sottovalutata come semplice ansia irrazionale, è in realtà un complesso fenomeno che può isolare socialmente e compromettere gravemente la qualità della vita. Questa condizione non si limita a una preoccupazione eccessiva, ma riflette una capacità evolutiva di rilevare minacce potenziali nell’ambiente circostante, anche se non sempre giustificate dalla realtà. Il suo impatto può estendersi oltre il individuale, influenzando relazioni personali, opportunità di carriera e persino la salute mentale a lungo termine.

La paranoia

La paranoia è un fenomeno psicologico complesso, la cui comprensione richiede l’integrazione di conoscenze neuroscientifiche, psicologiche e sociologiche. È caratterizzata da un’iperattivazione del sistema di rilevamento delle minacce del cervello, che può portare a interpretazioni distorte delle intenzioni altrui. Mentre la paranoia è spesso associata a disturbi psichiatrici come la schizofrenia, può anche manifestarsi in individui senza una diagnosi formale, variando notevolmente in gravità e impatto.

Il “compito di apprendimento inverso probabilistico”

Per indagare le basi neurali della paranoia, i ricercatori hanno impiegato un compito di apprendimento inverso probabilistico (PRL), progettato per testare la flessibilità cognitiva e la capacità di adattamento dei partecipanti. In questo esperimento, sia macachi rhesus che volontari umani hanno dovuto scegliere tra simboli su uno schermo per massimizzare le ricompense disponibili (cibo per i macachi, punti per gli umani). La sfida è emersa quando, a metà del test, le regole sono state invertite: il simbolo precedentemente più vantaggioso è diventato meno gratificante, mentre un altro simbolo è diventato la nuova scelta ottimale.

Il team ha adottato un approccio multidisciplinare, combinando metodologie neurologiche e psicologiche per esaminare i cambiamenti comportamentali dei partecipanti prima e dopo l’introduzione del cambiamento delle regole nel compito PRL. Sei dei 20 macachi rhesus erano stati sottoposti a precedenti interventi neurologici mirati, che avevano compromesso specifiche regioni cerebrali come il nucleo talamico dorsale o la corteccia prefrontale. Ai volontari umani è stato richiesto di completare questionari dettagliati sulla scala del pensiero, valutando sia il livello di paranoia che eventuali sintomi depressivi.

Dove si trova la paranoia?

L’analisi dei dati ha rivelato che lesioni specifiche, come quelle nel talamo magnocellulare mediodorsale (MDmc) all’interno del nucleo talamico dorsale e in specifiche aree della corteccia orbitofrontale (come le aree di Walker 11, 13 e 14), hanno avuto un impatto significativo sui comportamenti dei partecipanti dopo il cambiamento delle regole nel compito PRL. Le scimmie con danni al MDmc, ad esempio, hanno dimostrato un comportamento oscillante tra le opzioni disponibili, suggerendo una sorta di paranoia nel contesto della ricerca della soluzione ottimale.

Parallelamente, i volontari umani che hanno mostrato segni più evidenti di paranoia hanno anche manifestato maggiori difficoltà nel modificare la loro strategia di gioco in risposta ai cambiamenti nelle condizioni di ricompensa. Questi modelli comportamentali forniscono una chiara indicazione del ruolo cruciale che queste regioni cerebrali possono svolgere nella modulazione della paranoia, suggerendo che le difficoltà nella flessibilità cognitiva possano essere associate a specifiche disfunzioni neurali.

Cosa significa identificare la paranoia?

La comprensione dei meccanismi neurali sottostanti alla paranoia non solo offre una migliore comprensione scientifica di questo fenomeno complesso, ma apre anche la strada a nuove terapie mirate. “Questo studio potrebbe guidare lo sviluppo di approcci terapeutici innovativi che mirano a mitigare gli effetti debilitanti della paranoia nelle persone“, sottolinea lo psicologo di Yale, Steve Chang. Identificare le specifiche regioni cerebrali coinvolte nella suscettibilità alla paranoia potrebbe consentire lo sviluppo di trattamenti più mirati e personalizzati, migliorando così l’efficacia delle attuali strategie terapeutiche.

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