In 12 anni (2007-2019), in Italia, grazie alla prevenzione e ai progressi nelle cure, sono stati evitati 30.745 decessi per tumore della prostata (-24,1% rispetto ai numeri attesi). Si tratta di vite salvate, con pazienti che riescono a convivere a lungo con la malattia o a guarire. Da un lato, aumentano in modo significativo i casi, con 41.100 nuove diagnosi stimate nel nostro Paese nel 2023 (erano 36mila nel 2020). Dall’altro lato, diminuisce la mortalità e sempre più persone vivono dopo la scoperta della malattia. Oggi, infatti, sono disponibili terapie in grado di migliorare la sopravvivenza, ritardare la progressione di malattia e salvaguardare la qualità di vita, aspetti molto importanti soprattutto per i pazienti colpiti dalla neoplasia in fase metastatica. Un esempio è costituito da darolutamide, potente inibitore del recettore degli androgeni, approvato a marzo 2024 dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), in associazione a terapia di deprivazione androgenica (ADT) e a chemioterapia, per il trattamento di prima linea dei pazienti con tumore della prostata ormonosensibile metastatico. Un approccio in grado di ridurre del 32,5% il rischio di morte. Alle nuove prospettive di cura è dedicato il Convegno ‘What’s NU, Traguardi che ispirano il futuro’, organizzato oggi e domani a Milano da OVER Group, con il contributo non condizionante di Bayer Italia e Orion Pharma e la partecipazione dei più importanti esperti.
“Lo studio ARASENS ha dimostrato che l’associazione di darolutamide con ADT e docetaxel combina un significativo beneficio nel prolungamento della sopravvivenza e nel rallentamento della progressione della malattia, con un’ottima tollerabilità e salvaguardia della qualità di vita. Risultati che confermano quanto già riscontrato con lo studio ARAMIS nell’ambito del tumore prostatico non metastatico resistente alla castrazione, e che sono frutto della peculiare struttura chimica di darolutamide. Il successo di una terapia non può comunque prescindere dall’ottimizzazione della gestione dei pazienti, che deve essere garantita attraverso un accurato lavoro di team multidisciplinare, finalizzato a garantire sia la terapia che la diagnostica più appropriate, sia a limitare effetti collaterali che possano impattare sulla vita quotidiana dei pazienti e dei caregiver”, ha spiegato Giuseppe Procopio, direttore del Programma Prostata e della Struttura di Oncologia Medica Genitourinaria della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori – Milano.
“I progressi che stiamo ottenendo nel trattamento del tumore prostatico sono sempre più evidenti e molteplici. Tra questi figura come particolarmente innovativo l’approccio al paziente metastatico ormonosensibile. In questo scenario, la combinazione di nuovi antagonisti del recettore dell’androgeno con la terapia ormonale e la chemioterapia ha nettamente migliorato la prognosi dei pazienti rispetto a qualche anno fa. Questo miglioramento di prognosi è addirittura legato ad un miglioramento della qualità di vita, quindi vivere meglio e più a lungo. Allo stesso tempo, la profonda modifica della storia naturale della malattia che ne consegue ha aperto nuovi scenari, spingendo la ricerca clinica verso nuove domande e nuove integrazioni con i trattamenti locali, cosa un tempo impensabile, come la radioterapia. E quindi come integrare trattamenti efficaci come la stereotassi sulle lesioni oligopersistenti o oligoprogressive, o addirittura sul tumore primario. I miglioramenti che viviamo oggi ci stanno ispirando e spingendo a rispondere a nuovi interrogativi nella continua propensione verso un miglioramento prima di tutto della salute dei pazienti”, ha dichiarato Rolando M. D’Angelillo, professore Associato di Radioterapia, Università degli Studi di Roma Tor Vergata.
“Il tumore della prostata rappresenta una malattia ad elevata e crescente prevalenza per la quale tuttavia sono stati fatti passi epocali negli ultimi anni. Abbiamo compreso l’importanza della diagnosi precoce e delle nuove metodiche di imaging come la Risonanza Magnetica e la PET che hanno rivoluzionato l’approccio al tumore prostatico, portando a diagnosi sempre più precoci e ad una caratterizzazione più completa della patologia. Non solo, ma negli ultimi anni abbiamo anche compreso l’importanza dell’intensificazione del trattamento che prevede l’utilizzo combinato di più terapie con conseguente significativo miglioramento dei tassi di progressione e sopravvivenza. Questo, unitamente allo sviluppo e all’approvazione di nuovi farmaci e di nuovi approcci molecolari, permette un approccio sempre più personalizzato che, attraverso l’azione congiunta di più specialisti, porterà sempre maggiori benefici ai nostri pazienti”, ha spiegato Alberto Briganti, professore di urologia, Università Vita -Salute San Raffaele.
“Bayer è da sempre impegnata a fornire soluzioni efficaci volte a migliorare la vita delle persone”, ha affermato Francesca Russo, Medical Director di Bayer Italia. “Proprio con questo obiettivo, l’azienda continua a lavorare con passione e determinazione allo sviluppo di trattamenti innovativi in numerose aree terapeutiche, tra cui l’oncologia. Il carcinoma prostatico rappresenta un settore chiave della ricerca di Bayer, attualmente presente sul mercato con due prodotti (Darolutamide e Radio-223) ed altre molecole in sviluppo, tra cui radiofarmaci alfa-emittenti. L’azienda si rivolge con costante impegno ai bisogni specifici dei pazienti affetti da tumore della prostata, per prolungarne la vita mantenendo una quotidianità di valore e qualità, anche grazie a trattamenti adeguati alle diverse fasi della malattia”.