No dell’Agenzia europea del farmaco EMA a una terapia anti-Alzheimer. Il Comitato tecnico per i medicinali a uso umano dell’ente regolatorio Ue, “CHMP, ha raccomandato di non concedere l’autorizzazione all’immissione in commercio per Leqembi* (lecanemab), un farmaco destinato al trattamento della malattia di Alzheimer“, informa l’Ema nel resoconto dell’ultima riunione del CHMP (22-25 luglio).
“Il comitato – si legge – ha ritenuto che l’effetto osservato di Leqembi sul ritardo del declino cognitivo non controbilancia il rischio di eventi collaterali gravi associati al medicinale, in particolare il frequente verificarsi di anomalie nell’imaging correlate all’amiloide (Aria), che comportano gonfiore e potenziali sanguinamenti nel cervello dei pazienti che hanno ricevuto Leqembi”.
La delusione di Alzheimer Europe
Alzheimer Europe esprime “rammarico” e “profonda delusione” per il parere negativo formulato dal Comitato tecnico CHMP dell’EMA. Il no dell’EMA, che riguarda Ue, Islanda, Liechtenstein e Norvegia, sottolinea l’associazione in una nota, “significa che gli europei con malattia di Alzheimer in fase iniziale non avranno accesso alle opzioni terapeutiche disponibili per i pazienti negli Stati Uniti e in altri Paesi”.
“Le persone che vivono con la malattia di Alzheimer e le loro famiglie nutrivano grandi speranze e aspettative riguardo all’introduzione di nuove opzioni terapeutiche in Europa”, scrive Alzheimer Europe, ricordando che la FDA statunitense ha concesso l’approvazione a lecanemab un anno fa, nel luglio 2023, dopo che un comitato consultivo ha riconosciuto in modo unanime l’efficacia clinica del farmaco per il quale le principali assicurazioni USA, fra cui Medicare, hanno garantito “un’ampia copertura” nei pazienti idonei a riceverlo. Hanno dato il via libera al trattamento anche le autorità regolatorie di Giappone (25 settembre 2023), Cina (3 gennaio), Corea del Sud (27 maggio), Hong Kong (11 luglio) e Israele (12 luglio), elenca l’associazione, mentre in Europa si attendono ancora i pronunciamenti degli enti regolatori svizzero e britannico, che Alzheimer Europe auspica positivi.
“Le persone affette da malattia di Alzheimer in Europa saranno escluse dall’accesso a lecanemab senza poter compiere scelte individuali basate su un’analisi personale del profilo rischi-benefici”, rimarca l’associazione. La speranza di Alzheimer Europe è che “i risultati dal mondo reale raccolti dal registro imposto dalla FDA, o dagli studi in corso su lecanemab forniranno le evidenze scientifiche necessarie affinché i regolatori Ue riconsiderino la loro posizione”.
“Dopo diversi fallimenti, i recenti studi clinici sul lecanemab e su altri farmaci anti-amiloide“, la proteina che si accumula nel cervello dei pazienti Alzheimer, “hanno segnato un punto di svolta per il settore”, sostiene Alzheimer Europe riassumendo i dati del trial di fase 3 Clarity AD: “ha raggiunto tutti gli endpoint primari e secondari, dimostrando una riduzione del 27% del declino clinico dopo 18 mesi di trattamento con lecanemab”.
Quanto agli effetti collaterali, tra cui gonfiore cerebrale e microsanguinamenti (le cosiddette Aria, anomalie dell’imaging correlate all’amiloide), “erano relativamente comuni, con sintomi gravi riportati nello 0,7% dei partecipanti allo studio“. L’associazione fa notare però che per gestire questi problemi di sicurezza, la FDA, ad esempio, ha raccomandato specifici test/esami prima della terapia. In un position paper sui trattamenti anti-amiloide, Alzheimer Europe ha evidenziato “l’importanza di un accesso equo a questi trattamenti innovativi”, a fronte di “comunicazioni che consentano ai pazienti di valutare il potenziale rallentamento del declino clinico rispetto agli effetti collaterali, ai costi e agli oneri della terapia”.
“Comprendiamo che lecanemab non è un farmaco miracoloso per tutte le persone affette da malattia di Alzheimer”, dichiara Jean Georges, direttore esecutivo di Alzheimer Europe. “Tuttavia – ragiona – l’esistenza di un primo farmaco modificante la malattia, con una nuova modalità d’azione, rappresenta un innegabile e importante progresso in un campo in cui si attendono nuovi medicinali da oltre 2 decenni. Lecanemab ha dimostrato effetti sulla progressione della malattia, nonché su endpoint secondari come la qualità della vita e il carico per i caregiver. Invece di escludere tutti i pazienti da questo nuovo trattamento a causa di problemi di sicurezza, avremmo sperato che l’Ema lo autorizzasse con un chiaro piano di gestione del rischio“.
In conclusione, per l’associazione il parere negativo del CHMP di EMA su lecanemab è “una grave battuta d’arresto per la comunità europea della malattia di Alzheimer”. Alzheimer Europe si dice comunque “incoraggiata dal numero di aziende e organizzazioni che continuano a investire nella ricerca e nelle nuove opzioni terapeutiche attualmente in fase di sviluppo“, rilanciando l’appello a “proseguire la ricerca su altre opzioni, comprese terapie sintomatiche e trattamenti per le persone in stadi più avanzati di demenza”.