L’11 luglio SpaceX ha lanciato una nuova missione Starlink che, purtroppo, non si è conclusa come previsto. Un malfunzionamento del secondo stadio del razzo Falcon 9 ha lasciato 20 satelliti Starlink in un’orbita estremamente bassa, rendendo impossibile il loro recupero. Questo evento ha suscitato preoccupazioni, date le implicazioni che comporta per le future missioni spaziali.
Il problema tecnico per il Falcon 9 e la “pioggia” di satelliti Starlink
Jonathan McDowell dell’Università di Harvard ha riportato che tutti e i 20 satelliti Starlink lanciati l’11 luglio sono rientrati nell’atmosfera terrestre. La causa principale di questo insuccesso è stato un malfunzionamento nel motore del secondo stadio del razzo Falcon 9, che ha impedito ai satelliti di raggiungere un’orbita sufficientemente alta. Invece, sono stati rilasciati in un’orbita con un perigeo, o punto più basso, di soli 135 km.
A questa altitudine, l’attrito atmosferico è stato troppo elevato per i satelliti, nonostante i ripetuti tentativi di SpaceX di correggere l’orbita tramite i propulsori elettrici. “A questo livello di attrito, la nostra massima spinta disponibile probabilmente non sarà sufficiente per alzare con successo i satelliti,” aveva dichiarato SpaceX. Di conseguenza, i satelliti sono rientrati nell’atmosfera e si sono disintegrati completamente.
Il tentativo di salvataggio dei satelliti Starlink
Nonostante il malfunzionamento, SpaceX aveva tentato di salvare i satelliti utilizzando i propulsori elettrici al massimo delle loro capacità. Elon Musk, CEO di SpaceX, aveva affermato che i tecnici avevano provato ad aggiornare il software dei satelliti per far funzionare i propulsori ionici alla massima potenza, pur ammettendo che le probabilità di successo erano scarse.
La compagnia aveva immediatamente rassicurato sul fatto che i satelliti non rappresentavano una minaccia per altri satelliti o per la sicurezza pubblica, grazie alla loro orbita molto bassa e al design che li fa disintegrare completamente al rientro.
Conseguenze e indagini
L’incidente ha provocato lo stop temporaneo del razzo Falcon 9, il più attivo in servizio al momento, in attesa di un’indagine approfondita da parte di SpaceX e della Federal Aviation Administration (FAA). La FAA sarà coinvolta in ogni fase del processo e dovrà approvare il rapporto finale di SpaceX, inclusi eventuali correttivi, per garantire la sicurezza pubblica.
L’indagine riguarda un’inconsueta perdita di ossigeno liquido nel secondo stadio, osservata durante la prima accensione del motore Merlin, e un “rapid unscheduled disassembly” (come SpaceX definisce le esplosioni impreviste) del motore. Tuttavia, il secondo stadio è sopravvissuto abbastanza a lungo da rilasciare i satelliti e completare le procedure standard di passivazione.
Conseguenze sulle missioni future
Questo stop influenzerà una vasta gamma di clienti, da SpaceX stessa con i satelliti Starlink alla NASA e altre missioni commerciali. Le missioni a breve termine che subiranno ritardi includono la Arctic Satellite Broadband Mission e Transporter-11, previste per luglio. Anche la missione privata Polaris Dawn, programmata per il 31 luglio, è sospesa.
Jared Isaacman, finanziatore del programma Polaris e comandante di Polaris Dawn, ha espresso fiducia nel rapido ritorno alla normalità di SpaceX, mentre altri nel settore sono meno ottimisti, prevedendo ritardi che potrebbero protrarsi per mesi.
La NASA, uno dei maggiori clienti di SpaceX, sta monitorando attentamente la situazione. Le missioni critiche, come il lancio del cargo Cygnus e il lancio di Crew-9, potrebbero subire ritardi, mentre la missione del veicolo Europa Clipper, prevista per ottobre, sta affrontando i propri problemi tecnici.