Il 2021 ha segnato un anno di straordinaria rilevanza per la vulcanologia globale, con l’emergere di una spettacolare attività eruttiva nella Penisola di Reykjanes in Islanda. Tra i protagonisti di questo fenomeno vulcanico, il vulcano Fagradalsfjall ha catturato l’attenzione sia del pubblico che della comunità scientifica internazionale per la sua eruzione prolungata e intensa, iniziata nel marzo dello stesso anno. Questo episodio eruttivo ha offerto un’opportunità senza precedenti per analizzare e comprendere i processi geologici e geochimici che caratterizzano le eruzioni basaltiche in una regione vulcanica altamente attiva. In particolare, lo studio condotto da James M. D. Day e colleghi rappresenta una pietra miliare nell’indagine dei meccanismi di assimilazione crostale durante questo evento.
Il contesto vulcanologico di Fagradalsfjall
La Penisola di Reykjanes, situata nel sud-ovest dell’Islanda, è un’area di particolare interesse geologico, caratterizzata da un’attività vulcanica e geotermica intensiva. Questa regione è collocata lungo una dorsale medio-oceanica che funge da confine tra le placche tettoniche nordamericana ed eurasiatica, creando un ambiente ideale per la formazione e l’attività dei vulcani.
Il vulcano Fagradalsfjall, situato in questo contesto geotermico complesso, ha dato vita a una serie di eruzioni che hanno avuto inizio nel marzo 2021. La sua attività è stata caratterizzata da una continua emissione di lava basaltica, che ha non solo cambiato il paesaggio circostante ma ha anche fornito agli scienziati una finestra unica per osservare i processi magmatici in tempo reale. L’eruzione ha avuto un impatto significativo sia a livello locale che globale, attirando l’attenzione per la sua durata prolungata e l’intensità delle emissioni.
La posizione di Fagradalsfjall in una regione di alta attività geotermica e la natura delle sue eruzioni hanno reso questo episodio un caso di studio prezioso per comprendere le dinamiche di risalita del magma, le interazioni tra il magma e la crosta terrestre, e i processi di contaminazione crostale.
Il ruolo degli Isotopi di Osmio
L’analisi degli isotopi di osmio è stata una componente cruciale dello studio condotto da Day e colleghi, grazie alle sue caratteristiche geochimiche distintive che permettono di tracciare le interazioni tra magma e crosta terrestre.
L’osmio, un elemento raro con diversi isotopi, è particolarmente utile per studiare le variazioni nella composizione chimica delle lave basaltiche e per identificare i segni di contaminazione crostale. Gli isotopi di osmio, in particolare i rapporti 187Os/188Os, offrono indicazioni precise sulla presenza e l’entità dei contaminanti crostali all’interno del magma. Questo approccio ha permesso agli scienziati di analizzare i campioni di lava emessi durante le eruzioni di Fagradalsfjall e di identificare le variazioni nella composizione isotopica nel tempo.
La capacità di rilevare anche piccole quantità di contaminanti attraverso l’analisi isotopica ha fornito una comprensione dettagliata dei processi di assimilazione crostale e ha aiutato a determinare la fonte dei contaminanti, come i gabbri del mid-ocean-ridge e i basaltici più antichi sottostanti. L’uso degli isotopi di osmio ha così reso possibile una valutazione precisa dei cambiamenti nella composizione del magma durante l’eruzione e ha contribuito a una migliore comprensione dei meccanismi che governano l’interazione tra magma e crosta.
Analisi dei dati isotopici
L’analisi dei dati isotopici di osmio ha rivelato informazioni dettagliate sulla contaminazione crostale e sulle variazioni nella composizione delle lave durante le eruzioni di Fagradalsfjall. Durante le prime fasi dell’eruzione del 2021, i risultati hanno mostrato valori isotopici di osmio (187Os/188Os) notevolmente bassi, pari a ≤0.188, e rapporti platino/iridio (Pt/Ir) inferiori a 76.
Questi valori indicano chiaramente una significativa contaminazione crostale, suggerendo che le lave emesse contenevano contributi provenienti da gabbri del mid-ocean-ridge e da basaltici più antichi presenti sotto la superficie della Penisola di Reykjanes. La contaminazione è risultata evidente anche attraverso la persistente elevazione dei rapporti isotopici di Os durante tutto il periodo dell’eruzione del 2021. Questo fenomeno ha indicato una continua, sebbene diluita, contaminazione del magma da parte di materiale crostale. Tuttavia, un cambiamento significativo è emerso con le lave del 2022.
Questi campioni hanno mostrato valori isotopici di Os pari a 0.131 e rapporti Pt/Ir di 30, che non presentano segni evidenti di contaminazione crostale e sono più simili ai basaltici islandesi tipici. Questo cambiamento nella composizione isotopica suggerisce che, con il tempo, si è formato un sistema di condotti magmatici più efficiente che ha permesso al magma di risalire verso la superficie senza ulteriori contaminazioni crostali.
Interpretazioni e implicazioni
I risultati dello studio condotto da Day e colleghi offrono importanti implicazioni per la comprensione dei processi geochimici e magmatici associati alle eruzioni basaltiche.
L’interazione significativa tra il magma e la crosta terrestre durante la fase iniziale dell’eruzione del 2021 ha portato a una notevole contaminazione delle lave, causata dalla presenza di gabbri del mid-ocean-ridge e di basaltici più antichi. Questa contaminazione ha influito profondamente sulla composizione geochimica delle lave, rendendo i primi prodotti eruttivi altamente anomali rispetto alle lave basaltiche tipiche della regione. Con l’evoluzione dell’eruzione e l’emergere di un sistema di condotti magmatici più efficace, le lave del 2022 hanno mostrato una composizione più pura e simile ai basaltici islandesi, senza segni evidenti di contaminazione crostale.
Questi risultati non solo migliorano la nostra comprensione delle dinamiche magmatiche durante l’eruzione, ma hanno anche implicazioni significative per la modellizzazione dei processi vulcanici e per le previsioni future. La capacità di identificare e comprendere le fonti di contaminazione e i cambiamenti nella composizione del magma è essenziale per una previsione accurata dell’attività eruttiva e per la gestione dei rischi vulcanici in regioni simili.