Scoperta eccezionale: noduli polimetallici che producono ossigeno nel fondo marino

L'estrazione mineraria in ambienti così remoti e profondi potrebbe avere conseguenze devastanti sugli ecosistemi marini
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La scoperta di nuove fonti di ossigeno nel mare rappresenta un avanzamento scientifico che potrebbe trasformare la nostra comprensione dell’ecologia marina e le dinamiche ambientali associate all’estrazione mineraria sottomarina. Recentemente, uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Geoscience ha svelato una scoperta sorprendente: i noduli polimetallici, minerali rari situati sul fondo marino, sono in grado di produrre ossigeno, definito “ossigeno scuro” dagli autori dello studio.

I Noduli Polimetallici

I noduli polimetallici sono strutture minerali che si formano sul fondo marino, tipicamente in pianure abissali, aree oceaniche caratterizzate da profondità estreme e copertura di sedimenti. Questi noduli, di dimensioni variabili e spesso ricoperti da uno strato di sedimenti marini, sono composti principalmente da ossidi di ferro e manganese, due minerali abbondanti nei fondali oceanici profondi. Tuttavia, la loro composizione non si limita a questi elementi; i noduli contengono anche metalli preziosi come il cobalto e una varietà di elementi di terre rare, che sono essenziali per la produzione di tecnologie avanzate e a basse emissioni di carbonio, come le batterie agli ioni di litio e i pannelli solari.

noduli polimetallici

Questo rende i noduli polimetallici un obiettivo ambito per l’estrazione mineraria d’altura, una pratica che sta guadagnando attenzione a causa della crescente domanda di metalli tecnologici. Tuttavia, l’estrazione mineraria in queste profondità estreme comporta sfide significative, tra cui la difficoltà di raggiungere il fondo marino, l’uso di tecnologie specializzate e, soprattutto, le preoccupazioni ambientali associate alla perturbazione di ecosistemi marini delicati e poco conosciuti. La complessità dell’ecosistema profondo, insieme alla mancanza di dati sufficienti sugli impatti a lungo termine, ha sollevato interrogativi sulla sostenibilità di tali operazioni e sulle possibili conseguenze per la biodiversità marina e la salute degli habitat.

Importanza economica ed ambientale

L’estrazione dei noduli polimetallici potrebbe rappresentare una svolta economica significativa, offrendo accesso a risorse minerarie preziose e rare che sono cruciali per l’industria tecnologica moderna. Questi metalli sono componenti chiave per una serie di tecnologie avanzate, dalla produzione di veicoli elettrici a basse emissioni di carbonio, fino alla realizzazione di dispositivi elettronici di ultima generazione. Tuttavia, l’interesse economico per l’estrazione di questi noduli deve essere bilanciato con una valutazione approfondita dei potenziali effetti ambientali.

L’estrazione mineraria in ambienti così remoti e profondi potrebbe avere conseguenze devastanti sugli ecosistemi marini, che sono già vulnerabili a cause di stress ambientali come il cambiamento climatico, l’acidificazione degli oceani e l’inquinamento. Le operazioni minerarie potrebbero perturbare il delicato equilibrio ecologico, distruggere habitat critici, alterare i cicli nutrizionali e causare la perdita di biodiversità in questi ecosistemi complessi e poco studiati. La difficoltà di monitorare e valutare gli impatti ambientali in queste aree remote rende urgente la necessità di sviluppare e implementare pratiche di estrazione mineraria più sostenibili e di approfondire la nostra comprensione degli effetti potenziali di tali attività.

La scoperta dell’Ossigeno Scuro

La recente scoperta che i noduli polimetallici possono produrre ossigeno è stata ottenuta grazie al lavoro di Andrew Sweetman e dei suoi colleghi, che hanno condotto una serie di esperimenti avanzati utilizzando camere speciali collocate sul fondo marino, a circa 4.200 metri di profondità. Questi esperimenti si sono svolti nella zona Clarion-Clipperton, un’area dell’Oceano Pacifico centrale nota per la sua abbondanza di noduli polimetallici e per la difficoltà di accesso. I ricercatori hanno misurato la concentrazione di ossigeno in diversi luoghi situati a oltre 4.000 chilometri di distanza tra loro, per ottenere una panoramica rappresentativa delle condizioni ambientali.

I risultati degli esperimenti hanno mostrato un incremento costante della concentrazione di ossigeno in un intervallo di due giorni, suggerendo che i noduli polimetallici sono una fonte attiva di ossigeno. Questa scoperta è stata confermata attraverso analisi di laboratorio di follow-up, che hanno rivelato che i noduli non solo contengono i metalli noti, ma interagiscono con l’ambiente circostante in modi che generano ossigeno. Gli autori dello studio hanno ipotizzato che le proprietà elettriche dei noduli siano alla base della produzione di ossigeno, suggerendo che le reazioni chimiche che avvengono sui noduli potrebbero essere responsabili dell’emissione di questo gas. Questo fenomeno, definito “ossigeno scuro” a causa della sua scoperta in ambienti estremamente profondi e oscuri, rappresenta una nuova e affascinante area di ricerca nell’ambito della geoscienza e della biologia marina.

Produzione di ossigeno dei noduli polimetallici

Gli esperimenti condotti da Sweetman e dal suo team hanno fornito dati significativi sulla produzione di ossigeno da parte dei noduli polimetallici, rivelando un aumento misurabile della concentrazione di ossigeno nell’acqua circostante i noduli. Questa produzione di ossigeno è stata osservata in modo consistente durante il periodo di due giorni di monitoraggio, suggerendo che il fenomeno non è un’anomalia occasionale, ma una caratteristica regolare dei noduli. Le analisi di laboratorio successive hanno confermato che il cambiamento nelle concentrazioni di ossigeno era effettivamente dovuto alla presenza dei noduli e non a variabili ambientali o a contaminazioni esterne.

Gli scienziati hanno utilizzato simulazioni numeriche per esplorare ulteriormente il fenomeno e ipotizzare i meccanismi che potrebbero spiegare la produzione di ossigeno. Le simulazioni hanno suggerito che le proprietà elettriche dei noduli, come la loro capacità di condurre elettricità o di facilitare reazioni chimiche redox, potrebbero essere alla base della generazione di ossigeno. Tuttavia, gli autori avvertono che, nonostante questi risultati promettenti, è difficile stimare l’entità della produzione di ossigeno su scala globale e che sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere appieno l’impatto di questa scoperta.

L’Ecologia Marina

La scoperta che i noduli polimetallici possono produrre ossigeno ha implicazioni profonde per l’ecologia marina, in particolare per gli ecosistemi del fondo marino profondo. L’ossigeno è un elemento fondamentale per la vita marina, e le fonti di ossigeno in ambienti così profondi e remoti sono essenziali per sostenere la biodiversità e la funzionalità degli ecosistemi.

La produzione di ossigeno da parte dei noduli polimetallici potrebbe supportare una varietà di organismi marini che abitano questi ambienti estremi, influenzando la loro distribuzione, la loro crescita e le loro interazioni ecologiche. Gli ecosistemi del fondo marino sono noti per la loro complessità e per la loro resilienza, ma sono anche estremamente vulnerabili alle perturbazioni. La rimozione dei noduli polimetallici attraverso l’estrazione mineraria potrebbe alterare questi ambienti in modi che non sono ancora completamente compresi. La perdita di una fonte significativa di ossigeno potrebbe influenzare la composizione delle comunità biologiche, modificare le reti trofiche e causare cambiamenti nelle dinamiche ecologiche. È fondamentale, quindi, considerare attentamente le conseguenze ambientali delle attività di estrazione mineraria e adottare misure per minimizzare l’impatto sugli ecosistemi marini profondi.

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