I segreti culinari dei Neanderthal finalmente svelati: ecco il loro menù

Studi futuri dovrebbero includere una varietà più ampia di piccole prede, nonché la lavorazione di prodotti non alimentari
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Il menù dei Neanderthal non era composto esclusivamente da selvaggina di grandi dimensioni. Al contrario, vi era anche un’ampia varietà di “pollame”, ovvero piccoli uccelli selvatici, che venivano macellati e arrostiti sui carboni ardenti. I veri protagonisti ai fornelli erano i Neanderthal stessi. Un team di scienziati ha deciso di svelare i segreti culinari di questi antichi abitanti del nostro pianeta, replicando i metodi di macellazione e le tecniche di cottura che avrebbero potuto utilizzare. L’obiettivo era scoprire di più sulle diete di questi enigmatici antenati.

Cosa finiva nel piatto in casa Neanderthal?

Utilizzare una scheggia di selce per la macellazione richiedeva una precisione e uno sforzo notevoli, che non avevamo pienamente valutato prima di questo esperimento“, spiega Mariana Nabais dell’Institut Català de Paleoecologia Humana i Evolució Social in Spagna, autrice principale dell’articolo pubblicato su Frontiers in Environmental Archaeology. Il lavoro illustra i risultati di uno studio pilota condotto sulle tavole preistoriche. Cosa finiva nel piatto in casa Neanderthal? Come si preparavano i cibi per servirli? Per rispondere a queste domande, gli scienziati hanno effettuato esperimenti pratici. “Le schegge erano più affilate di quanto pensassimo inizialmente e richiedevano una manipolazione attenta per effettuare tagli precisi senza ferirsi le dita“, osserva Nabais. Questi test “hanno evidenziato le sfide pratiche implicate nella lavorazione e cottura del cibo dei Neanderthal, fornendo un collegamento tangibile con la loro vita quotidiana e le loro strategie di sopravvivenza“.

“Sei quello che mangi”

Il proverbio “sei quello che mangi” è applicabile anche agli uomini preistorici. Che cosa c’era nel loro menù? Sebbene la caccia grossa praticata dai Neanderthal sia ben documentata, si sa meno riguardo agli uccelli che alcuni di loro cacciavano. Recenti scoperte e tecniche moderne consentono di approfondire l’argomento. Testando i metodi di preparazione del cibo che i Neanderthal avrebbero potuto utilizzare, e analizzando quali tracce avrebbero potuto lasciare sulle ossa degli uccelli e come queste tracce si confrontano con i danni causati da processi naturali o da altri animali, gli scienziati hanno creato un database sperimentale da confrontare con veri siti archeologici.

Per il loro studio, hanno raccolto cinque uccelli selvatici morti per cause naturali presso il Wildlife Ecology, Rehabilitation and Surveillance Centre (Cervas) di Gouveia, in Portogallo: due cornacchie nere, due colombe dal collare e un colombaccio, simili alle specie di cui si nutrivano i Neanderthal. Hanno poi selezionato metodi di cottura basati su prove archeologiche e dati etnografici.

Cucinare gli uccelli

Tutti gli uccelli sono stati spennati a mano. Una cornacchia nera e una colomba dal collare sono state macellate crude utilizzando una scheggia di selce. Gli altri tre uccelli sono stati arrostiti sui carboni ardenti fino a cottura ultimata e successivamente macellati, un metodo che gli scienziati hanno trovato molto più semplice rispetto alla macellazione degli uccelli crudi. “Arrostire gli uccelli sui carboni richiedeva di mantenere una temperatura costante e di monitorare attentamente la durata della cottura per evitare di cuocere troppo la carne“, racconta Nabais. “Forse perché abbiamo spennato gli uccelli prima di cucinarli, il processo di arrostimento è stato molto più rapido di quanto avessimo previsto. Abbiamo dedicato più tempo alla preparazione dei carboni che alla cottura vera e propria, che ha richiesto meno di 10 minuti“. Un metodo di cucina “fast”, insomma, per persone attive e sempre in movimento.

Gli scienziati hanno poi pulito e asciugato le ossa, per esaminarle al microscopio alla ricerca di tagli, rotture e bruciature. Hanno anche analizzato la scheggia di selce utilizzata per individuare segni di usura.

La scheggia di selce

Sebbene la maggior parte della macellazione fosse stata eseguita a mano, l’uso della scheggia di selce per la macellazione degli uccelli crudi aveva provocato piccole cicatrici a mezzaluna sul bordo dello strumento. I tagli usati per rimuovere la carne dagli uccelli crudi non lasciavano tracce sulle ossa, ma i tagli mirati ai tendini lasciavano segni simili a quelli trovati sugli uccelli nei siti archeologici. Le ossa degli uccelli arrostiti erano più fragili: alcune si erano frantumate e non potevano essere recuperate. Quasi tutte presentavano bruciature marroni o nere compatibili con un’esposizione controllata al calore, e le macchie nere all’interno di alcune ossa suggerivano che anche il contenuto della cavità interna era stato bruciato.

Questa evidenza, spiegano gli esperti, non solo chiarisce come potesse funzionare la preparazione del cibo dei Neanderthal, ma offre anche indicazioni su quanto tale preparazione potesse essere visibile nei registri archeologici. Sebbene l’arrostimento renda più facile l’accesso alla carne, la maggiore fragilità delle ossa potrebbe far sì che gli “avanzi dei pasti” non siano facilmente identificabili dagli archeologi.

Un tassello in più

Gli scienziati ritengono che la ricerca debba essere ampliata per ottenere una comprensione più completa delle diete dei Neanderthal. Studi futuri dovrebbero includere una varietà più ampia di piccole prede, nonché la lavorazione di prodotti non alimentari (come artigli e piume). “La dimensione del campione è relativamente piccola, composta da soli 5 esemplari di uccelli, che potrebbero non rappresentare appieno la diversità delle specie di uccelli che i Neanderthal potrebbero aver utilizzato“, precisa Nabais. “In secondo luogo, le condizioni sperimentali, sebbene attentamente controllate, non possono replicare completamente gli esatti contesti ambientali e culturali della vita dei Neanderthal“. C’è ancora molto lavoro da fare per decifrare il ricettario della preistoria.

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