Non solo lesioni polmonari, anche al fegato e ai reni: il lascito del Covid

Team internazionale di ricerca guidato da Padova individua ruolo del fegato nelle microtrombosi letali
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La prima ondata della pandemia di COVID-19, causata dal virus SARS-CoV-2, ha colpito in modo devastante i sistemi sanitari di tutto il mondo, mettendo in luce la fragilità delle strutture mediche anche nei paesi più avanzati. In questo contesto, uno studio innovativo coordinato dall’Università di Padova, con la collaborazione di prestigiose istituzioni come le Università di Yale, Birmingham e numerosi ospedali italiani, ha fornito nuove intuizioni cruciali sul ruolo del fegato nelle microtrombosi letali osservate nei pazienti con COVID-19. La ricerca, pubblicata nella prestigiosa rivista “Journal of Hepatology”, rappresenta un importante passo avanti nella comprensione delle complicanze sistemiche del virus e apre nuove strade per il trattamento delle forme severe della malattia.

Il ruolo del fegato nelle microtrombosi da COVID-19

Lo studio condotto dal team internazionale ha utilizzato un’ampia serie di materiali autoptici provenienti da pazienti deceduti durante la pandemia, permettendo di analizzare in dettaglio i tessuti e le strutture cellulari coinvolte nella patogenesi del COVID-19. I ricercatori hanno scoperto che la microtrombosi, una delle complicanze più gravi e comuni del COVID-19, è strettamente legata all’infezione del pericita, una cellula vascolare del fegato precedentemente poco studiata. Queste cellule, che avvolgono i vasi sanguigni e giocano un ruolo cruciale nel mantenimento della funzione vascolare, sembrano essere particolarmente vulnerabili all’infezione da SARS-CoV-2.

La scoperta ha implicazioni significative per la comprensione di come il virus possa indurre stati di ipercoagulabilità e trombosi, contribuendo alla gravità della malattia e alle complicanze multiorgano. Il coinvolgimento del fegato in questi processi patologici era stato inizialmente trascurato, ma ora emerge come un elemento chiave nella gestione clinica dei pazienti affetti da COVID-19.

Meccanismi cellulari e trombosi

Il prof. Luca Fabris, docente del Dipartimento di Medicina dell’Università di Padova e del Liver Center dell’Università di Yale, nonché corresponding author dello studio, ha spiegato in dettaglio i meccanismi cellulari alla base delle osservazioni cliniche. “Nei polmoni dei pazienti con microtormbosi della vena porta abbiamo osservato dilatazioni del letto arterioso intrapolmonare, che peggioravano l’ossigenazione del paziente e aggravavano l’insufficienza respiratoria, responsabile di una morte più tardiva,” ha affermato.

Questi cambiamenti strutturali nei polmoni sono il risultato diretto dell’infezione dei periciti, che una volta infettati, iniziano a secernere mediatori della coagulazione. “A livello cellulare, il nostro studio ha dimostrato che la microtrombosi della vena porta è sostenuta da una risposta pro-coagulante indotta dall’infezione da SARS-CoV-2 che colpisce un tipo di cellula vascolare ancora molto trascurato, chiamato pericita, situato all’esterno del vaso, dove forma una guaina di rivestimento attorno all’endotelio, lo strato di cellule che è invece a diretto contatto con il flusso sanguigno – sottolinea Paolo Simioni, direttore del dipartimento di Medicina dell’Università di Padova e della Clinica Medica 1^ dell’Azienda Ospedale/Università di Padova, co-autore senior dello studio -. Questo tipo di cellula, una volta infettata, attiva la secrezione vascolare di mediatori della coagulazione, tra cui il fattore tissutale e il fattore di von Willebrand, responsabili da un lato dello stato di ipercoagulabilità locale con conseguente trombosi, e dall’altro della dilatazione delle piccole arterie polmonari con conseguente riduzione della saturazione di ossigeno nel sangue arterioso

I periciti, situati all’esterno del vaso sanguigno, formano una guaina attorno all’endotelio e, una volta infettati, attivano la secrezione di mediatori della coagulazione, tra cui il Fattore Tissutale e il Fattore di von Willebrand. Questi fattori sono responsabili di due effetti devastanti: da un lato, inducono uno stato di ipercoagulabilità locale con conseguente trombosi; dall’altro, causano la dilatazione delle arterie polmonari, che porta a una riduzione della saturazione di ossigeno nel sangue arterioso.

Cosa accade alla circolazione epato-polmonare?

L’infezione dei periciti epatici ha anche implicazioni significative per la circolazione epato-polmonare. La prof.ssa Cristina Parolin, del dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università di Padova, ha sottolineato che “l’infezione dei periciti epatici da parte del SARS-CoV-2, pur non essendo produttiva, cioè non rilasciando particelle virali infettanti, ha stimolato una serie di funzioni secretorie da parte dei perciti che sono risultate rilevanti per le alterazioni emodinamiche della circolazione epato-polmonare“.

Questa scoperta è cruciale, in quanto evidenzia come l’infezione virale possa alterare significativamente le funzioni vascolari anche senza una replicazione virale attiva. I periciti infettati secernono mediatori infiammatori e pro-coagulanti che contribuiscono a creare un ambiente favorevole alla formazione di microtrombi, aggravando ulteriormente le complicanze respiratorie nei pazienti con COVID-19. Questi cambiamenti nella circolazione epato-polmonare non solo peggiorano l’ossigenazione del sangue, ma possono anche influenzare negativamente altri organi, portando a una serie di complicanze sistemiche che complicano ulteriormente il quadro clinico dei pazienti affetti da COVID-19.

Il caso Bergamo

Uno dei primi e più importanti focolai di COVID-19 in Europa si è sviluppato in Lombardia, con la provincia di Bergamo che è diventata tristemente nota per l’elevato numero di morti. In soli quattro mesi, da febbraio a maggio 2020, oltre 70.000 persone sono decedute per COVID-19 nella regione, con il sistema sanitario locale completamente sopraffatto dal numero di pazienti che richiedevano cure ospedaliere e terapie intensive. “Nell’area di Bergamo, il COVID-19 è stato una tragedia senza precedenti negli ultimi tempi. Il virus ci ha colti di sorpresa e nessuno sapeva come trattarlo o quali danni potesse provocare,” ha commentato il dott. Aurelio Sonzogni, responsabile del reparto di Patologia dell’ASST Bergamo Est Seriate.

La situazione era ulteriormente aggravata dalla carenza di personale medico e infermieristico, molti dei quali si erano infettati o erano esausti per gli estenuanti turni di lavoro. Nonostante queste difficoltà, il personale medico ha deciso di eseguire autopsie sui pazienti deceduti, cercando di ottenere maggiori informazioni sui danni indotti dal virus nei diversi organi. Questa decisione ha permesso di scoprire che la trombosi dei piccoli vasi era una delle lesioni più significative nelle forme letali di COVID-19, contribuendo a una comprensione più approfondita dei meccanismi patologici della malattia.

Il valore traslazionale di questo studio è molto forte – sottolinea Massimiliano Cadamuro, ora professore all’Università di Milano-Bicocca (all’epoca dello studio docente Università di Padova) e primo autore del lavoro -. Combinare la definizione dei meccanismi molecolari di una malattia con le informazioni cliniche (istologia, radiologia, dati di laboratorio) grazie a un’integrazione finemente calibrata di diverse competenze che attraversano più aree specialistiche, ovvero medicina interna, patologia, radiologia, microbiologia e biologia cellulare, è la chiave per affrontare i problemi che la medicina moderna ogni giorno ci pone“.

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