“I professionisti della sanità devono avere competenze e conoscenza dell’intelligenza artificiale e delle sue possibilità. Devono essere in grado di gestirla come strumento di ausilio per fare diagnosi, cura e terapia”. Così, il Presidente dell’Ordine dei Medici-Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia di Roma, Antonio Magi, parlando dei benefici e dei rischi dell’IA in sanità. “Più del 95% degli italiani – evidenzia poi il numero uno dell’Omceo della Capitale – non ricorda a memoria un numero di telefono. Se un fatto simile accadesse nell’ambito della professione medica, vorrebbe dire che l’intelligenza artificiale ha sostituito il professionista ma questo non rappresenta una condizione di sicurezza per nessuno, sia per i professionisti sanitari che per i pazienti”.
“Invece – tiene a precisare Magi – se l’IA viene utilizzata dal medico con domande adeguate, con un meccanismo che gli consente di conoscere come funziona, questo gli consentirà di prendere decisioni e di fare diagnosi in base alle informazioni che ha ricevuto, quelle acquisite sul campo e dalla stessa Intelligenza artificiale”.
“Sicuramente – sottolinea – l’intelligenza artificiale può rappresentare uno strumento estremamente utile ai medici per quanto riguarda i dati sull’interazione tra farmaci: quando infatti abbiamo a che fare con pazienti pluripatologici, che prendono tanti farmaci, diventa complesso verificare se un farmaco possa o meno creargli problemi. E può essere utile nella riduzione dei tempi per tutto ciò che riguarda l’ambito amministrativo. Mi riferisco alle prenotazioni o alla capacità di fare certificati. Si tratta di cose che possono eliminare il grande carico burocratico per dare al medico il tempo necessario per parlare con il proprio paziente, aumentando, di fatto, il tempo di cura”.
L’intelligenza artificiale in sanità, dunque, presenta aspetti positivi e negativi. “È sicuramente un ausilio solo se il medico che la usa la può gestire, solo se è il proprietario delle conoscenze. È però importante che i medici siano formati sull’uso. È evidente, infatti, che non si possa chiedere all’Intelligenza artificiale di percepire informazioni del paziente legate al suo odore, al colore della sua pelle, alla palpazione, cose che rimangono nella piena gestione del medico. L’IA – conclude Magi – è uno strumento aggiuntivo, come a esempio un ecografo o una Tac, che ci permette di eseguire meglio alcune prestazioni”.