Una perforazione nel bacino di Bojano per comprendere l’evoluzione geologica e tettonica di questo settore del Molise

Il progetto MOSAICMO si propone di migliorare la comprensione della struttura della crosta terrestre e della pericolosità sismica nel Sannio-Molise
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“Nel mese di Giugno, un gruppo di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha eseguito, in collaborazione con l’Università degli Studi del Molise, una perforazione nella piana di Bojano in Molise, a nord-est dei Monti del Matese (Figura 1). L’indagine è parte del progetto di ricerca triennale MOSAICMO (MOlise SAnnio Integrated Crustal), finanziato dall’INGV con fondi del Ministero dell’Istruzione e del Merito. Il progetto MOSAICMO si propone di migliorare la comprensione della struttura della crosta terrestre e della pericolosità sismica nel Sannio-Molise. Il bacino di Bojano, colpito nel 1805 da un terremoto distruttivo di magnitudo stimata 6.7 (Rovida et al., 2022), è il focus del progetto”. Lo rende noto un articolo pubblicato sul blog INGVterremoti a cura di Alessandra Smedile, Bianca Scateni, Vincenzo Amato, Mauro Buttinelli, Marco Caciagli, Riccardo Civico, Paola Del Carlo, Paolo Marco De Martini, Patrizia Macrì, Stefano Maraio, Fabio Villani e diLuigi Improta (Responsabile Working Package 5 del Progetto – Disseminazione).

“Le attività del progetto MOSAICMO sono state avviate nel 2023 nella piana di Bojano, e prevedono uno studio integrato geologico, geofisico e sismologico. Utilizzando tecniche di indagine all’avanguardia, sarà costruito un modello tridimensionale di dettaglio del sottosuolo, che si spingerà fino a 500 metri di profondità. Lo scopo è di conoscere la litologia, le proprietà fisiche, la distribuzione e l’età dei sedimenti che riempiono il bacino e identificare le faglie attive che controllano l’evoluzione tettonica e la sismicità dell’area. Lo studio ha importanti ricadute anche in termini di conoscenza delle proprietà idrauliche e geometria dei corpi idrici profondi. La perforazione (Figura 2) è durata 18 giorni ed ha permesso di campionare in modo continuo i sedimenti Quaternari del bacino fino alla profondità di 139 metri. Da 140 a 175 metri, ha attraversato le rocce alla base del bacino costituite da marne, silt e argille intervallate a livelli litoidi di siltiti del Miocene superiore (7.2-11.6 milioni di anni). I sedimenti campionati sono tipici di un ambiente deposizionale dove fasi di tipo fluvio-alluvionale si alternano a estesi periodi di sedimentazione palustre”, scrivono gli esperti.

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Figura 2. I ricercatori dell’INGV classificano i campioni estratti dal pozzo durante una pausa nelle operazioni di perforazione

Una considerazione preliminare di grande importanza – viene precisato – è che il sondaggio ha attraversato numerosi livelli di cenere vulcanica (tefra) intercalate a sedimenti limoso-argillosi (Figura 3)”.

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Figura 3. Esempio di campioni estratti dal sondaggio MOSAICMO. Evidenziato in giallo il netto passaggio tra un livello vulcanico (tefra) e i sedimenti palustri limoso-argillosi.

Le successive analisi di laboratorio sui campioni daranno informazioni sulla litologia, proprietà fisiche ed età dei sedimenti. Mediante datazioni assolute dei campioni ed in base alla composizione chimica e mineralogica di ciascun livello vulcanico, sarà possibile determinare da quale vulcano (presumibilmente dal distretto campano) e durante quale eruzione è stato prodotto, e quindi conoscere l’età del sedimenti che lo contengono. Le datazioni, integrate con vincoli cronologici derivati dalle proprietà magnetiche dei campioni di sedimenti, permetteranno di definire una scansione temporale dei ritmi di sedimentazione e delle condizioni deposizionali ed ambientali del bacino di Bojano, evoluzione tettonica dell’area. L’analisi preliminare dei livelli vulcanici campionati ed i risultati di studi precedenti eseguiti su tefra riconosciuti nell’area di Bojano ed in bacini appenninici (Amato et al., 2014; Giaccio et al., 2014), suggeriscono che la scansione temporale si spingerà indietro nel tempo fino ad almeno 500.000 anni fa. Che la perforazione abbia attraversato sedimenti prevalentemente argillosi non è un risultato inatteso. Infatti, il progetto è stato preceduto da un’indagine di tomografia geoelettrica tridimensionale, che ha permesso di definire la distribuzione della conducibilità elettrica (resistività) dei sedimenti e rocce presenti fino a 500 metri di profondità. Con questa tecnica, analoga alla TAC in medicina, è stato possibile identificare le zone del bacino dove maggiore è la probabilità di attraversare con la perforazione sedimenti limoso-argillosi, utili ad ospitare e preservare i depositi vulcanici (Figura 4)”, scrivono ancora gli esperti nel loro articolo.

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Figura 4. Distribuzione della conducibilità elettrica (resistività) dei sedimenti e rocce del bacino di Bojano ad una profondità di circa 100 m (quota: 425 m al di sopra del livello del mare). I valori di resistività bassa (aree in colore blu) sono tipici di sedimenti limoso-argillosi e delle rocce del substrato costituite da argilliti ed arenarie alterate. I valori di resistività maggiori (in colore giallo e rosso) sono tipici di sedimenti alluvionali grossolani addensati con basso contenuto di acqua (conglomerati, ghiaie e sabbie).

“Tutte queste indagini hanno comportato notevoli difficoltà logistiche, che è stato possibile affrontare grazie alla preziosa collaborazione delle amministrazioni locali coinvolte. Ma le indagini nella piana di Bojano non si concludono con la perforazione scientifica. Nei prossimi mesi i ricercatori del Progetto MOSAICMO condurranno nuove campagne geofisiche con tecniche tomografiche e sismologiche in un ampio settore del bacino centrato sul sito della perforazione. I dati stratigrafici del sondaggio saranno utilizzati per vincolare l’interpretazione dei nuovi modelli geofisici. Con questa strategia di indagine multidisciplinare sarà possibile costruire un modello di sottosuolo tridimensionale geologico-geofisico-sismologico di dettaglio, che include un ampio settore del bacino compreso tra i Comuni di Bojano, Cantalupo del Sannio, San Massimo e Macchiagodena”, concludono gli esperti.

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