La risalita del mantello terrestre potrebbe aver innescato il terremoto in Marocco del 2023

Secondo uno studio, il terremoto potrebbe essere stato innescato dalla stessa risalita del mantello che aiuta a sollevare le montagne dell'Alto Atlante
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L’8 settembre 2023, un terremoto di magnitudo 6.8 ha colpito il Marocco occidentale, provocando danni e distruzione che hanno causato migliaia di vittime nelle comunità rurali delle montagne dell’Alto Atlante. Prima dell’evento del 2023, l’ultimo potente terremoto ad aver colpito il Marocco si era verificato nel 1960 e questo lungo periodo di silenzio sismico potrebbe aver contribuito a rendere la regione e le sue infrastrutture impreparate per scosse più gravi e i danni associati.

La maggior parte dell’attività sismica del Marocco si verifica vicino alle montagne del Rif a nord dell’epicentro del 2023, che sono formate dalla convergenza delle placche africana ed eurasiatica. Ma più vicino alle montagne dell’Alto Atlante, le più alte del Nord Africa, con vette che superano i 4.000 metri, le placche stanno convergendo a una velocità di solo circa 1 millimetro all’anno.

Si ritiene che la risalita del mantello sotto l’Alto Atlante, più che la lenta convergenza, sia la ragione principale per cui queste vette raggiungono altezze così elevate.

Esaminando i dati geodetici e sismici, Kai Huang e colleghi hanno scoperto che il terremoto del 2023 in Marocco ha avuto origine nel sistema di faglie di Tizi n’Test su un piano di faglia centrato a circa 26 chilometri sotto la superficie e che gli effetti più forti della rottura si sono verificati a una profondità di 12-36 chilometri. L’evento ha causato lo spostamento del Moho, il confine a circa 32 chilometri sotto la superficie dove la crosta incontra il mantello.

A causa dell’insolita profondità di origine del terremoto e del suo verificarsi lontano dai confini delle placche, i ricercatori suggeriscono che il terremoto potrebbe essere stato innescato dalla stessa risalita del mantello che aiuta a sollevare le montagne dell’Alto Atlante, piuttosto che dall’attività di fagliazione più vicina alla superficie.

I risultati, pubblicati sulla rivista Geophysical Research Letters, suggeriscono che i modelli di pericolosità sismica dovrebbero incorporare più dati sulle dinamiche più profonde nelle regioni intraplacca, che sono spesso trascurate a favore delle dinamiche dei confini delle placche, secondo gli autori. I ricercatori evidenziano inoltre l’importanza del monitoraggio sismico per regioni come questa, dove lenti tassi di deformazione e complesse strutture di faglia causano disastri poco frequenti ma devastanti.

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