Siamo soli nell’Universo? Nuova teoria spegne le speranze di trovare vita aliena

La ricerca di Stern e Gerya non è solo un'indagine scientifica, ma anche un invito a riflettere su come le condizioni geologiche dei pianeti possano influenzare la loro capacità di sviluppare civiltà avanzate
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Recentemente, il geoscienziato dell’Università del Texas a Dallas, il dottor Robert Stern, insieme al suo collega dottor Taras Gerya dell’Istituto Federale Svizzero di Tecnologia di Zurigo, ha condotto una ricerca approfondita mirata a esplorare il mistero della mancanza di prove conclusive di vita extraterrestre nella vastità dell’Universo e, in particolare, della Via Lattea. Nonostante l’equazione di Drake, formulata per stimare la presenza diffusa di civiltà in grado di comunicare, i risultati dello studio pubblicato su Nature’s Scientific Reports il 12 aprile indicano che potrebbe esserci una spiegazione geologica sottostante a questa mancanza.

Secondo le parole del professor Stern, esperto di scienze dei sistemi terrestri sostenibili presso la School of Natural Sciences and Mathematics dell’UT Dallas, “La vita sulla Terra ha prosperato per miliardi di anni, ma l’emergere di organismi complessi è avvenuto relativamente presto nell’epoca moderna della tettonica a placche, circa 600 milioni di anni fa. Questo ci suggerisce che la tettonica a placche potrebbe essere cruciale per l’evoluzione delle civiltà attive e comunicative.”

Il Paradosso di Fermi e l’Equazione di Drake

L’equazione di Drake, formulata nel 1961 dall’astronomo Dr. Frank Drake, rappresenta un tentativo matematico di stimare il numero di civiltà intelligenti nella nostra galassia che potrebbero essere in grado di comunicare con noi. Moltiplicando vari fattori come il numero di stelle che si formano annualmente e la frazione di esse con sistemi planetari, l’equazione prevede una vasta presenza di civiltà avanzate. Tuttavia, questa prospettiva ottimistica contrasta con il paradosso di Fermi, che solleva la domanda cruciale: “Dove sono tutti?

Secondo Stern e Gerya, una riformulazione dell’equazione di Drake potrebbe essere necessaria per riflettere meglio la realtà osservata. In particolare, il fattore fio, che rappresenta la frazione di pianeti portatori di vita che sviluppano vita intelligente nell’Universo, potrebbe essere significativamente inferiore rispetto alle previsioni originalmente ipotizzate. Questo suggerisce che nonostante l’abbondanza di pianeti potenzialmente abitabili nella Via Lattea, la probabilità che si sviluppi una civiltà avanzata potrebbe essere drasticamente inferiore rispetto alle aspettative iniziali.

L’importanza della tettonica a placche nell’evoluzione della vita

La tettonica a placche è una teoria geologica che suggerisce che la crosta terrestre è divisa in grandi placche che si muovono lentamente sulla superficie del pianeta. Questo movimento non solo genera montagne, vulcani e oceani, ma anche modelli climatici e atmosferici che possono supportare e stimolare l’evoluzione della vita complessa. Le placche tettoniche permettono anche il rilascio di sostanze nutritive negli oceani attraverso processi geochimici, contribuendo così alla diversità biologica del pianeta.

Solo un pianeta nel nostro sistema solare, la Terra, mostra attività tettonica a placche significativa. Questo è cruciale perché la tettonica a placche sembra essere molto più efficace nella promozione di forme di vita avanzate rispetto alla tettonica a coperchio singolo, che è più comune su altri corpi celesti dell’Universo come Venere e Marte. La tettonica a placche non solo crea habitat diversificati attraverso la formazione di montagne e oceani, ma anche attraverso l’attività vulcanica che può influenzare significativamente il clima e l’ambiente di un pianeta.

L’Equazione di Drake

Basandosi sui loro studi dettagliati, Stern e Gerya hanno proposto di raffinare fio in due nuove variabili: fOc, che rappresenta la frazione di esopianeti con oceani e continenti significativi, e fPt, la frazione di pianeti che hanno sperimentato tettonica a placche per un periodo significativo di tempo. Le stime derivanti da queste variabili suggeriscono che la probabilità di sviluppare una civiltà avanzata è notevolmente più bassa di quanto originariamente previsto. Questo nuovo approccio potrebbe aiutare a spiegare perché, nonostante più di 5.000 esopianeti confermati nella Via Lattea, non abbiamo ancora rilevato segni convincenti di altre civiltà tecnologicamente avanzate.

Quando moltiplichiamo fOc per fPt, otteniamo una nuova stima per fio che è significativamente inferiore alle ipotesi precedenti, comprese tra lo 0,003% e lo 0,2%. Questo potrebbe spiegare perché non abbiamo ancora rilevato segni di altre civiltà avanzate nella nostra galassia.

La ricerca di Stern e Gerya non è solo un’indagine scientifica, ma anche un invito a riflettere su come le condizioni geologiche dei pianeti possano influenzare la loro capacità di sviluppare civiltà avanzate. Mentre la ricerca continua a esplorare i confini dell’universo e a scoprire nuovi esopianeti, il loro lavoro sottolinea l’importanza di considerare la geologia planetaria nei modelli di ricerca di vita extraterrestre.

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