L’Etna continua a sorprendere, la Voragine è la nuova vetta

L'orlo orientale della Voragine si è innalzato, raggiungendo il Cratere di Sud/Est e superandolo
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Dopo i recenti parossismi dalla Voragine, l’INGV sul blog INGVvulcani fa il punto della situazione, annunciando un nuovo record dell’Etna: “Sono passati tre anni da quando è stata data notizia che l’Etna aveva una nuova vetta: il 10 agosto 2021 il Cratere di Sud-Est aveva ufficialmente superato in altezza il suo “fratello maggiore”, il Cratere di Nord-Est, che aveva mantenuto questo primato dalla fine degli anni 70 del secolo scorso. Dopo una serie di elaborazioni e correzioni dei valori dati inizialmente, quella altezza è stata calcolata a 3347 m (Ganci et al., 2022) Da allora il Cratere di Sud-Est era ancora cresciuto, l’ultima volta durante il parossismo dell’1 dicembre 2023, raggiungendo un’altezza di 3354 m. Poi, per sei mesi, l’Etna è rimasta in uno stato di insolita calma“.

Il mattino del 14 giugno 2024, proseguono gli esperti INGV, “ha avuto inizio una debolissima attività stromboliana all’interno del cratere Voragine, all’interno di uno dei conetti piroclastici che avevano riempito questo cratere tra il 2019 ed il 2021 e che era rimasto in silenzio totale per oltre tre anni (l’ultima emissione di cenere dalla Voragine era avvenuta il 3 aprile 2021). Nelle tre settimane successive si è osservato un progressivo aumento nell’intensità dell’attività e, dal 28 giugno, all’attività stromboliana si è aggiunta anche l’emissione di piccole colate di lava che si sono riversate nell’adiacente cratere Bocca Nuova. Un nuovo cono è cresciuto intorno alle bocche in attività esplosiva, che in pochi giorni ha raggiunto un’altezza di diverse decine di metri sopra il punto dove era iniziata l’attività“.

Infine, la sera del 4 luglio l’attività eruttiva alla Voragine “si è rapidamente intensificata fino a produrre fontane di lava, con formazione di una colonna eruttiva alta alcuni chilometri. Questo episodio parossistico è durato più di 7 ore ed ha cambiato profondamente la morfologia dell’area sommitale. Il conetto piroclastico che era cresciuto durante i giorni prima del parossismo è stato distrutto; invece sugli orli della Voragine è avvenuto un accumulo notevole di materiale piroclastico. I rilievi effettuati dalla squadra di piloti di droni dell’INGV-Osservatorio Etneo il 5 luglio hanno rilevato che l’orlo orientale della Voragine si era innalzato di 107 m, raggiungendo la stessa altezza del Cratere di Sud-Est: 3354 m. Durante questo episodio, molti prodotti delle fontane di lava sono ricaduti dentro al cratere Bocca Nuova, riempiendo i due grandi pozzi interni (BN-1 e BN-2) ed infine coprendo parte del fondo craterico con una colata di lava“.

Un secondo episodio parossistico avvenuto nelle ore mattutine del 7 luglio alla stessa bocca della Voragine “ha ulteriormente aumentato lo spessore dei depositi e l’altezza dell’orlo craterico orientale che, secondo i rilievi effettuati da drone, si assesta adesso intorno a 3369 mla più grande altezza mai misurata sull’Etna. Inoltre, l’adiacente cratere Bocca Nuova è stato colmato completamente e dall’orlo occidentale, come nel maggio del 2016, è avvenuto un trabocco lavico che ha alimentato alcuni flussi di lava che hanno raggiunto una lunghezza massima di circa 500 m“.

La misura e la definizione in alta risoluzione della superficie topografica è un processo non semplice, “specie se si vuole raggiungere un determinato livello di precisione (nell’ordine dei decimetri). Le classiche tecniche topografiche, in particolare quelle più accurate, non sono utilizzabili in ambienti pericolosi come l’area craterica sommitale etnea di questi giorni, dovendo ridurre al minimo il tempo di permanenza in alta quota del personale. I droni riescono a superare queste difficoltà, poiché possono essere pilotati da zone relativamente sicure e permettono il rilievo di aree anche molto ampie, fino ad alcuni chilometri quadrati. Anche i satelliti ci vengono in aiuto, poiché permettono di ricostruire la morfologia del terreno creando modelli digitali (DEM – Digital Elevation Model) su aree ancora più vaste (da decine a centinaia di chilometri quadrati) ed in totale sicurezza, anche se al prezzo di una minore risoluzione rispetto a rilievi ottenuti con i droni“. Infine, conclude l’INGV, “tutti i modelli “telelerilevati” (da drone e da satellite) hanno, spesso, bisogno di punti di controllo al suolo, con quote verificate con altri sistemi, per aumentarne l’accuratezza. Ovviamente si tratta di uno studio continuo e sempre più sofisticato, sia perché il vulcano cambia forma fin troppo velocemente, sia perché si vuole sempre aumentare l’accuratezza per ottenere modelli del terreno sempre più vicini alla realtà“.

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