Buchi neri “ingrassano” le galassie primordiali: scoperte masse inferiori al previsto

"La conclusione è che non c'è alcuna crisi per il modello standard della cosmologia"
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Le galassie primordiali, nate poco dopo il Big Bang, finora considerate enormi, potrebbero essere molto più piccole di quanto si pensasse. A creare questa falsa percezione potrebbero essere i buchi neri al loro interno, che le “ingrassano”, facendole apparire molto più grandi di quanto siano realmente.

Buchi neri e galassie primordiali

Questo è quanto emerge da uno studio pubblicato su The Astrophysical Journal, guidato da Katherine Chworowsky dell’Università del Texas ad Austin, con la partecipazione dell’Italia attraverso l’Università di Padova e l’Osservatorio di Padova dell’Istituto Nazionale di Astrofisica.

Grazie al potente telescopio spaziale James Webb, è stato possibile osservare l’universo dei primordi, svelando galassie e oggetti finora invisibili. Questo strumento ha fornito molte risposte, ma ha anche aperto nuovi interrogativi. Tra questi, la scoperta di numerose galassie di grandi dimensioni, formatesi già nelle primissime fasi dopo il Big Bang, ha suscitato stupore tra gli scienziati, dato che le loro masse risultavano decisamente superiori a quelle previste.

Questa scoperta avrebbe potuto mettere in discussione i modelli attuali sull’evoluzione dell’universo, ma ora si propone una spiegazione più semplice. Secondo la nuova ipotesi, l’apparente grande massa di queste galassie primordiali potrebbe essere un’illusione. Infatti, pur essendo più piccole come previsto dalle teorie cosmologiche, esse appaiono molto più massicce e brillanti a causa delle grandi quantità di gas accelerati dall’azione dei buchi neri presenti al loro interno.

La conclusione è che non c’è alcuna crisi per il modello standard della cosmologia,” ha affermato Steven Finkelstein dell’Università del Texas. Tuttavia, gli autori della ricerca sottolineano che resta ancora da capire perché, poco dopo il Big Bang, esistessero già così tante galassie, molte di più di quelle previste dalle teorie attuali.

La scoperta rappresenta un passo avanti significativo nella comprensione dell’universo primordiale, rivelando quanto ci sia ancora da imparare sulle galassie e sui buchi neri che le abitano.

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