I capelli della regina Berenice II, un legame tra l’antichità e la materia oscura

La Dark Energy Camera esplora l'Ammasso della Chioma, fonte di ispirazione per la teoria della materia oscura
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Un’immagine recentemente catturata dalla Dark Energy Camera (DECam) ha rivelato la straordinaria bellezza dell’Ammasso della Chioma, un ricco ammasso di galassie legato a uno degli enigmi più affascinanti dell’astrofisica moderna: la materia oscura. La storia di questo ammasso, noto anche come Coma Cluster, non è però solo una questione di scienza moderna: affonda le radici nell’antichità, intrecciando mito e realtà in un racconto che attraversa i millenni.

Il legame con la regina Berenice II

L’Ammasso della Chioma prende il nome dalla costellazione in cui si trova, la Chioma di Berenice (Coma Berenices), l’unica tra le 88 costellazioni riconosciute dall’Unione Astronomica Internazionale a portare il nome di una figura storica. La sua origine risale al 245 a.C., quando la regina Berenice II d’Egitto offrì la sua chioma come voto agli dei per il sicuro ritorno del marito dalla guerra. Secondo la leggenda, i capelli della regina furono misteriosamente sottratti dal tempio in cui erano stati posti, ma l’astronomo di corte, Conone di Samo, dichiarò di averli ritrovati nel cielo notturno, trasformati in una costellazione dalla dea Afrodite.

Un contributo fondamentale alla scoperta della materia oscura

L’ammasso che porta il nome di Berenice è stato anche al centro di una delle più importanti scoperte dell’astrofisica moderna. Nel 1937, l’astronomo svizzero Fritz Zwicky notò che le galassie all’interno dell’Ammasso della Chioma si comportavano come se fossero influenzate da enormi quantità di materia invisibile. Zwicky calcolò la massa dell’ammasso basandosi sulle sue strutture luminose osservabili, ma scoprì che questa massa visibile non era sufficiente a spiegare la velocità con cui le galassie si muovevano. Secondo i suoi calcoli, l’ammasso doveva contenere una quantità di massa 400 volte superiore a quella visibile per mantenere insieme le galassie al suo interno. Questa discrepanza lo portò a ipotizzare l’esistenza di una forma di materia non osservabile, che chiamò “materia oscura“.

La teoria di Zwicky e le nuove indagini

La teoria di Zwicky inizialmente sembrò fantascientifica, e ci vollero diversi decenni prima che la comunità astronomica accettasse l’esistenza della materia oscura. Fu solo negli anni ’80, con l’accumularsi di ulteriori prove, che la teoria divenne ampiamente accettata. Tra le ricerche chiave ci furono quelle di Kent Ford e Vera C. Rubin, che trovarono prove di materia invisibile nella Galassia di Andromeda, e lo studio di Sandra Faber e John Gallagher nel 1979, che analizzò il rapporto tra massa e luce in oltre 50 galassie, confermando la presenza di massa invisibile nell’universo.

Oggi, la materia oscura e l’energia oscura sono riconosciute come componenti fondamentali dell’universo, e la loro comprensione è uno degli obiettivi principali dell’astrofisica moderna. La DECam, montata sul telescopio Víctor M. Blanco al Cerro Tololo Inter-American Observatory, è stata progettata per sondare questi misteri, raccogliendo dati durante il Dark Energy Survey (DES), una serie di osservazioni durata 758 notti tra il 2013 e il 2019.

Il futuro della ricerca: il Legacy Survey of Space and Time

La ricerca sulla materia oscura non si ferma qui. Un nuovo capitolo sta per iniziare con il Legacy Survey of Space and Time (LSST), che sarà condotto dal Vera C. Rubin Observatory, un progetto dedicato all’astronoma che contribuì a dimostrare l’esistenza di questa materia invisibile. Con questa indagine, che si svolgerà nel corso di un decennio, gli scienziati sperano di avvicinarsi sempre di più alla comprensione di ciò che costituisce gran parte dell’universo, un universo che, come i capelli di Berenice, nasconde segreti che solo il cielo notturno può rivelare.

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