Covid-19: nuove rivelazioni sui danni cognitivi e psichiatrici a lungo termine

Circa il 20% ha segnalato gravi sintomi di depressione, mentre l'8% ha manifestato ansia grave
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Un nuovo e ampio studio pubblicato su Lancet Psychiatry getta una luce intensa sui persistenti effetti cognitivi e psichiatrici del COVID-19, evidenziando come i sintomi possano perdurare e anche emergere anni dopo l’infezione. La ricerca, condotta da un consorzio di scienziati del Regno Unito guidati dall’Università di Oxford e dall’Università di Leicester, rappresenta uno dei più completi sforzi per capire l’impatto a lungo termine di questa malattia sulla salute mentale e cognitiva.

Lo studio sul Covid

Lo studio fa parte del progetto PHOSP-COVID (Post-Hospitalisation COVID-19 Study), un’iniziativa di ricerca focalizzata sugli esiti a lungo termine per i pazienti che sono stati ricoverati in ospedale a causa del COVID-19. I ricercatori hanno analizzato i dati di 475 partecipanti, tutti ex pazienti ospedalizzati, che hanno completato una serie di valutazioni cognitive e psichiatriche a due o tre anni dall’infezione iniziale.

I partecipanti sono stati invitati a completare test cognitivi tramite computer, progettati per valutare funzioni come l’attenzione e la memoria. Inoltre, è stato chiesto loro di riferire sintomi di depressione, ansia, affaticamento e problemi di memoria soggettivi, nonché se avevano cambiato occupazione e le motivazioni dietro tali cambiamenti. Questa metodologia ha permesso ai ricercatori di ottenere una panoramica dettagliata delle difficoltà prolungate che i pazienti stanno affrontando.

Deficit cognitivi e sintomi psichiatrici dopo il Covid

I risultati indicano una serie di danni persistenti che colpiscono i pazienti anche a distanza di anni dall’infezione iniziale.

Persistenza dei deficit cognitivi

I risultati dello studio mostrano che, due o tre anni dopo l’infezione, i partecipanti hanno ottenuto punteggi significativamente più bassi rispetto ai valori attesi nei test cognitivi, in particolare nei test di attenzione e memoria. In media, il deficit riscontrato corrispondeva a una riduzione di circa 10 punti di QI. Questo calo è considerabile come una diminuzione significativa delle capacità cognitive, e i ricercatori avvertono che tali deficit possono influenzare gravemente la qualità della vita e la funzionalità quotidiana.

Sintomi psichiatrici a lungo termine

Una percentuale rilevante dei partecipanti ha riportato sintomi psichiatrici significativi. Circa il 20% ha segnalato gravi sintomi di depressione, mentre l’8% ha manifestato ansia grave. Inoltre, il 25% dei partecipanti ha riferito di soffrire di affaticamento persistente e problemi di memoria soggettivi. Questi sintomi sono stati spesso osservati già sei mesi dopo l’infezione, ma alcuni partecipanti hanno sperimentato anche l’emergere di nuovi sintomi nei due o tre anni successivi. Questo suggerisce che i sintomi iniziali possono predire problemi più gravi e complessi nel lungo termine.

Impatto sulle scelte professionali

Un altro aspetto cruciale dello studio riguarda i cambiamenti occupazionali. Più di un partecipante su quattro ha riferito di aver cambiato lavoro, e molti di questi cambiamenti sono stati motivati dalla cattiva salute. In particolare, il cambiamento di occupazione era fortemente associato ai deficit cognitivi piuttosto che a depressione o ansia. Questo suggerisce che le difficoltà cognitive hanno avuto un impatto maggiore sulla capacità di svolgere il lavoro rispetto alla mancanza di energia, interesse o fiducia.

Recupero precoce come indicatore

Lo studio ha anche rilevato che il grado di recupero a sei mesi dall’infezione è un forte indicatore degli esiti cognitivi e psichiatrici a lungo termine. Questo suggerisce che interventi tempestivi e mirati nei primi mesi dopo l’infezione potrebbero aiutare a prevenire lo sviluppo di sindromi più complesse e migliorare le traiettorie di recupero complessive.

Le dichiarazioni degli esperti

Il dottor Maxime Taquet, docente clinico accademico presso il Dipartimento di Psichiatria di Oxford e principale autore dello studio, commenta: “Questi risultati offrono una comprensione più profonda del carico dei sintomi cerebrali che le persone continuano a sperimentare anni dopo essere state ricoverate per COVID-19. È essenziale che responsabili politici e medici riconoscano questi effetti duraturi e indirizzino le risorse verso interventi preventivi e di supporto.”

Il professor Paul Harrison, professore di psichiatria presso l’Università di Oxford, aggiunge: “Comprendere le conseguenze cognitive e psichiatriche a lungo termine è cruciale per pazienti e operatori sanitari. Speriamo che questi risultati stimolino ulteriori ricerche per sviluppare interventi efficaci e personalizzati.”

Il professor Chris Brightling, professore clinico di medicina respiratoria presso l’Università di Leicester, sottolinea: “Questo studio rivela importanti sintomi cerebrali a lungo termine dopo il COVID-19 e sottolinea l’urgente necessità di una migliore comprensione della malattia del long-COVID. È fondamentale sviluppare nuovi trattamenti per affrontare queste problematiche.”

I ricercatori avvertono che lo studio ha alcune limitazioni. I partecipanti erano stati ricoverati nella prima ondata della pandemia e non erano vaccinati al momento dell’infezione. Inoltre, solo il 20% degli invitati ha accettato di partecipare al follow-up, il che potrebbe limitare la generalizzabilità dei risultati ad altre popolazioni, come quelle non ricoverate per COVID-19.

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