Cambiamento climatico: l’Oceano Artico può assorbire meno CO₂ di quanto previsto

L'erosione costiera potrebbe ridurre l'assorbimento di CO2 da parte dell'Oceano Artico di fino a 13,2 miliardi di chilogrammi di carbonio all'anno entro la fine del secolo
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Il cambiamento climatico ha indotto trasformazioni drammatiche su scala globale, manifestandosi in modi particolarmente acuti nelle regioni artiche, dove l’innalzamento delle temperature ha effetti catastrofici su ecosistemi e atmosfere. Tra le numerose conseguenze di questa crisi climatica, l’erosione costiera artica ha recentemente attirato l’attenzione per il suo impatto potenzialmente devastante sulla capacità di assorbimento di anidride carbonica (CO2) dell’Oceano Artico.

Questo fenomeno, ampiamente trattato in uno studio di modellizzazione pubblicato su Nature Climate Change, non solo evidenzia l’accelerazione del processo di erosione, ma svela anche la sua influenza negativa sull’abilità dell’Oceano Artico di captare e immagazzinare CO2 atmosferica. Gli autori dello studio, guidati da David Nielsen, hanno utilizzato sofisticati modelli climatici per simulare e prevedere come l’aumento dell’erosione costiera potrebbe alterare il ciclo di assorbimento della CO2 da parte degli oceani artici. Le scoperte suggeriscono che le proiezioni precedenti, che non avevano preso in considerazione l’impatto delle aree erose, potrebbero aver sottovalutato significativamente quanto le coste artiche contribuiscano al rilascio di carbonio. Questo studio fornisce una panoramica dettagliata di un aspetto emergente e critico del cambiamento climatico, proponendo un quadro complesso e allarmante delle future dinamiche del carbonio nell’Artico, che potrebbero avere ripercussioni su scala globale.

La sensibilità dell’Artico al cambiamento climatico

L’Artico, con la sua particolare geografia e il suo clima unico, è da tempo oggetto di studi intensivi a causa della sua sensibilità senza precedenti ai cambiamenti climatici. Le temperature nella regione artica stanno aumentando a un ritmo circa quattro volte più veloce rispetto al resto del pianeta, un fenomeno noto come amplificazione artica. Questo fenomeno è legato alla riduzione del ghiaccio marino e alla modifica della copertura nevosa, che amplificano ulteriormente l’effetto serra. La diminuzione della copertura di ghiaccio marino, infatti, riduce l’albedo terrestre, cioè la capacità della superficie di riflettere la luce solare, portando a un ulteriore riscaldamento e accelerazione dello scioglimento del ghiaccio. Inoltre, la diminuzione della neve e del ghiaccio aumenta l’esposizione di superfici oceaniche e terrestri, che assorbono più calore e accelerano il riscaldamento della regione. Questo riscaldamento accelerato provoca lo scongelamento del permafrost, un vasto strato di terreno gelato che si estende sotto la superficie artica e contiene grandi quantità di carbonio organico.

Lo scongelamento del permafrost non solo altera l’equilibrio ecologico e idrologico della regione, ma stimola anche l’erosione costiera. In risposta a questo processo, le coste artiche sono soggette a un erosione sempre più rapida e devastante, che modifica profondamente il paesaggio costiero e le dinamiche dei sistemi marini circostanti.

L’impatto dell’erosione costiera sull’assorbimento di C02

Il recente studio di modellizzazione condotto da David Nielsen e dai suoi colleghi ha messo in luce una preoccupante implicazione dell’erosione costiera: il potenziale declino della capacità dell’Oceano Artico di assorbire CO2. L’erosione costiera, stimata aumentare di 2-3 volte entro la fine del secolo, è dovuta allo scongelamento del permafrost e alla conseguente liberazione di materia organica nel mare. Questo afflusso di materia organica può influenzare in maniera significativa i processi biologici e chimici nella colonna d’acqua oceanica. Utilizzando un modello avanzato del sistema terrestre, i ricercatori hanno simulato l’effetto dell’aumento dei livelli di carbonio e dei nutrienti sull’assorbimento di CO2 da parte dell’Oceano Artico.

I risultati hanno rivelato che le aree costiere più colpite dall’erosione tendono a rilasciare più carbonio di quanto ne assorbano, contrariamente a quanto suggerito dai modelli climatici precedenti. Questo accade perché la materia organica erosa viene rapidamente metabolizzata da batteri marini, che producono anidride carbonica come sottoprodotto del loro metabolismo. L’aumento della CO2 nelle acque superficiali dell’Artico provoca un incremento dell’acidità, riducendo ulteriormente la capacità dell’oceano di assorbire CO2 atmosferica. La riduzione dell’assorbimento di CO2 è particolarmente preoccupante perché l’Oceano Artico svolge un ruolo cruciale nel ciclo globale del carbonio, e qualsiasi riduzione nella sua capacità di immagazzinare carbonio potrebbe avere conseguenze significative per il bilancio globale del carbonio e per il cambiamento climatico.

Le conseguenza del modello

Le proiezioni fornite dallo studio di Nielsen indicano che l’erosione costiera potrebbe ridurre l’assorbimento di CO2 da parte dell’Oceano Artico di fino a 13,2 miliardi di chilogrammi di carbonio all’anno entro la fine del secolo. Questa riduzione rappresenta una diminuzione significativa, pari al 7-14% della capacità di assorbimento attuale dell’Oceano Artico interno. Questa scoperta è particolarmente allarmante poiché l’effettiva capacità di assorbimento di CO2 da parte degli oceani artici è già una variabile critica nel bilancio globale del carbonio. Inoltre, lo studio suggerisce che l’erosione del permafrost costiero potrebbe innescare un feedback positivo sul clima. In altre parole, l’aumento della temperatura globale dell’aria superficiale potrebbe essere amplificato dall’erosione costiera, che rilascia ulteriore carbonio nell’atmosfera. Nielsen e colleghi hanno previsto che per ogni grado Celsius di incremento della temperatura globale, l’erosione del permafrost potrebbe contribuire a un aumento di 1-2 miliardi di chilogrammi di carbonio all’anno nella atmosfera. Questo effetto di retroazione rappresenta una potenziale minaccia per la stabilità climatica globale, amplificando ulteriormente il riscaldamento e complicando gli sforzi per mitigare il cambiamento climatico.

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