La fusione nucleare, spesso considerata il “Santo Graal” delle fonti energetiche, è una reazione che promette di offrire energia pulita e quasi illimitata, riproducendo sulla Terra i processi che avvengono nel cuore delle stelle. Tuttavia, realizzare questa impresa è stato un compito estremamente arduo per i fisici, che da decenni cercano di confinare il plasma ultracaldo necessario per avviare e mantenere la fusione. Ma in un sorprendente colpo di scena, un nuovo studio suggerisce che la chiave per risolvere alcuni dei problemi più spinosi di questa tecnologia potrebbe risiedere in qualcosa di molto più comune e inaspettato: la maionese.
La fusione nucleare
La fusione nucleare è il processo mediante il quale due nuclei atomici leggeri, tipicamente isotopi dell’idrogeno come il deuterio e il trizio, si fondono per formare un nucleo più pesante, rilasciando una quantità enorme di energia. Questo processo avviene naturalmente all’interno delle stelle, dove temperature e pressioni estreme superano la repulsione elettrostatica tra i nuclei, permettendo loro di avvicinarsi abbastanza per fondersi.
Riprodurre queste condizioni sulla Terra è straordinariamente difficile. Le temperature necessarie per avviare la fusione in un reattore sono oltre dieci volte superiori a quelle presenti nel cuore del Sole, raggiungendo i 150 milioni di gradi Celsius. Inoltre, confinare e mantenere stabile il plasma a queste temperature è una sfida tecnica enorme. Attualmente, esistono vari approcci per raggiungere la fusione, tra cui il confinamento magnetico, utilizzato nei reattori tokamak, e il confinamento inerziale, che sfrutta potenti impulsi laser per comprimere piccole quantità di combustibile.
Il problema dell’instabilità
Uno dei principali ostacoli alla fusione nucleare è l’instabilità che si verifica quando il plasma, confinato all’interno di un reattore, interagisce con i materiali circostanti. Un tipo comune di instabilità è l’instabilità di Rayleigh-Taylor, che si verifica quando un fluido più denso è accelerato contro un fluido meno denso. In un reattore a fusione, questo fenomeno può causare la distruzione prematura del confinamento del plasma, portando al fallimento della reazione di fusione.
Un’insolita connessione tra fusione nucleare e maionese
In un tentativo di comprendere meglio questi fenomeni di instabilità, un team di ricercatori guidato da Arindam Banerjee della Lehigh University ha intrapreso un esperimento piuttosto inusuale. Hanno deciso di utilizzare la maionese, un’emulsione comune di uova e olio, per studiare il comportamento dei fluidi sotto stress. La scelta della maionese non è stata casuale: questo condimento presenta proprietà reologiche interessanti, comportandosi come un solido elastico sotto alcune condizioni e come un liquido plastico sotto altre.
Secondo Banerjee, “Usiamo la maionese perché si comporta come un solido, ma quando viene sottoposta a un gradiente di pressione, inizia a fluire.” Questo comportamento è sorprendentemente simile a quello osservato nei materiali confinati nei reattori a fusione, dove si verificano transizioni tra stati solidi, elastici e plastici sotto l’influenza di enormi forze.
L’esperimento
Il team ha condotto un esperimento in cui la maionese veniva posta in una macchina rotante che simulava le condizioni di stress a cui è sottoposto il plasma all’interno di un reattore a fusione. Girando l’emulsione a velocità crescenti, i ricercatori sono riusciti a osservare il punto in cui la maionese passava da un comportamento elastico, dove rimbalzava leggermente quando compressa, a uno plastico, dove iniziava a deformarsi senza più recuperare la sua forma originale, fino a raggiungere uno stato instabile in cui iniziava a fluire.
“Abbiamo trovato le condizioni in cui il recupero elastico era possibile e come poteva essere massimizzato per ritardare o sopprimere completamente l’instabilità“, ha spiegato Banerjee. Questo risultato è di grande importanza, poiché suggerisce che potrebbe essere possibile controllare o ritardare le instabilità nei reattori a fusione, migliorando la stabilità del plasma e, di conseguenza, l’efficienza della fusione stessa.
Applicazioni e limiti
Anche se i risultati ottenuti utilizzando la maionese sono promettenti, ci sono ovviamente molte differenze tra un semplice condimento e i complessi materiali ad altissima temperatura utilizzati nei reattori a fusione. La maionese offre un modello utile per comprendere alcuni aspetti della reologia dei fluidi complessi, ma tradurre questi risultati in applicazioni pratiche richiederà ulteriori studi e sperimentazioni su materiali adatti alle condizioni estreme della fusione nucleare.
Detto questo, l’approccio innovativo di Banerjee e del suo team dimostra come idee provenienti da campi di ricerca apparentemente non correlati possano fornire nuove prospettive su problemi complessi. Se i principi scoperti grazie alla maionese potranno essere applicati con successo nei reattori a fusione, potrebbe rappresentare un significativo passo avanti verso la realizzazione pratica della fusione nucleare.