Lo storico segnale “Wow!” potrebbe finalmente avere una spiegazione dopo 47 anni (e gli alieni non c’entrano)

La causa del segnale più misterioso nella caccia agli alieni potrebbe essere stata finalmente scoperta, e ci sono voluti solo 47 anni
MeteoWeb

Dopo decenni di ipotesi e indagini, uno dei segnali radio più enigmatici nella ricerca di intelligenza extraterrestre potrebbe finalmente aver trovato una spiegazione. Si tratta del famoso segnale “Wow!“, rilevato nel 1977 dal radiotelescopio Big Ear dell’Università Statale dell’Ohio, un fenomeno che ha lasciato perplessi gli astronomi per quasi mezzo secolo. Ora, un team di ricercatori ritiene di aver individuato la causa del segnale, e la risposta non riguarda civiltà aliene.

Cos’è il segnale “Wow!”

Il segnaleWow!” è stato notato per la prima volta da Jerry Ehman, un volontario che analizzava i dati raccolti dal Big Ear. Sul tabulato del radiotelescopio, Ehman ha cerchiato un’anomalia nei dati e ha scritto “Wow!” a margine, dando così il nome a questo misterioso segnale di 72 secondi. Nonostante le teorie che lo collegavano a possibili trasmissioni extraterrestri, nessuna spiegazione definitiva è stata finora accettata dalla comunità scientifica.

segnale wow!

La novità è arrivata grazie al professor Abel Méndez dell’Università di Porto Rico, che ha studiato i dati d’archivio raccolti tra il 2017 e il 2020 dal radiotelescopio Arecibo, prima del suo crollo. Arecibo stava osservando le stelle nane rosse vicine per valutare la possibilità che ospitassero pianeti abitabili. In particolare, dietro alla Stella di Teegarden, il team ha rilevato 4 segnali intriganti, simili al segnale “Wow!”, ma con un’intensità 60-100 volte inferiore.

Secondo Méndez, questi segnali non sono altro che emissioni provenienti da nubi interstellari di idrogeno freddo nella nostra galassia, facilmente identificabili dagli strumenti di osservazione. La caratteristica unica del segnale “Wow!” era la sua brevità e la banda ristretta di frequenze radio, che rendeva difficile attribuirlo a un fenomeno naturale. Tuttavia, Méndez e il suo team ipotizzano che il segnale fosse il risultato di una nube di idrogeno stimolata da un evento rapido, come un brillamento di una magnetar, una particolare tipologia di stella di neutroni.

Questa teoria si allinea con una delle prime ipotesi proposte per spiegare il segnale “Wow!”, che considerava l’attività delle stelle di neutroni. Tuttavia, all’epoca, la banda ristretta delle frequenze non si accordava con quanto noto, e non venne individuato alcun oggetto celeste che potesse giustificare il segnale. Ora, l’idea che una nube di idrogeno possa essere stata illuminata brevemente da una fonte come una magnetar sembra molto più plausibile.

Un passo avanti significativo

La scoperta di Méndez potrebbe non solo risolvere il mistero del segnale “Wow!”, ma anche aprire nuove strade per la comprensione dei fenomeni astronomici rari e poco studiati. In particolare, la scoperta suggerisce che tali nubi di idrogeno possano emettere segnali radio più intensi se stimolate da una forte fonte di radiazione, il che potrebbe spiegare la brillantezza eccezionale del segnale “Wow!”.

Sebbene questa spiegazione possa deludere coloro che speravano in un contatto con civiltà aliene, per gli astronomi rappresenta un passo avanti significativo. Non solo fornisce un nuovo strumento per interpretare segnali sospetti in futuro, ma contribuisce anche alla comprensione del comportamento delle nubi di idrogeno e dei fenomeni che le stimolano. Se confermata, questa ipotesi indicherebbe che il segnale “Wow!” è stato la prima rilevazione di un fenomeno astronomico raro, un maser di idrogeno, la cui esistenza era già stata osservata in laboratorio ma mai confermata in quella specifica banda di frequenze.

Con il crollo del radiotelescopio Arecibo, le osservazioni continueranno con strumenti più piccoli, ma la scoperta di Méndez resterà un’importante eredità per la comunità scientifica. Il report che presenta queste nuove scoperte è attualmente disponibile come preprint su ArXiv.org, in attesa di peer review.

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