In concomitanza con l’approssimarsi del picco dell’attuale ciclo solare, la nostra stella sta diventando particolarmente iperattiva: continua ad aumentare il numero di macchie solari che ne punteggiano la superficie, e le cifre registrate sono nettamente più alte rispetto alle previsioni.
“È un ciclo che si sta dimostrando molto più attivo di quanto si pensasse quando è iniziato, nel 2019, ha sicuramente superato le aspettative“, dice all’ANSA Mauro Messerotti, docente di Meteorologia spaziale all’Università di Trieste. Tant’è che il periodo di massima attività arriverà in anticipo: “il picco verrà raggiunto già negli ultimi mesi di quest’anno – aggiunge Messerotti – o nei primi mesi del 2025″.
In base ai dati forniti dal Centro di previsione meteorologica spaziale della statunitense National Oceanic and Atmospheric Administration, già a maggio scorso il numero medio mensile di macchie solari, arrivato a 172, ha superato il dato massimo registrato durante il picco dello scorso ciclo, che a febbraio 2014 aveva raggiunto quota 146.
A luglio, la media mensile è salita a 196, a fronte di un numero previsto di 106 e, secondo i dati secondo i dati del sito SpaceWeather.com, agosto promette di superare ancora questo numero, con una media mensile provvisoria di 217.
“Le previsioni iniziali si sono rivelate sbagliate poiché risentono del fatto che non comprendiamo ancora appieno l’attività solare“, commenta Messerotti. Il record, perlomeno da quando si hanno a disposizione misurazioni dirette, resta per ora appannaggio del 19° ciclo: il numero medio mensile di macchie rilevato nell’ottobre 1957 arrivò a 359.
Cosa sono le macchie solari
Le macchie solari sono provocate da concentrazioni di campi magnetici, così forti da impedire al calore interno di raggiungere la superficie: infatti, hanno una temperatura di circa 3.700°C , contro gli oltre 5.700°C della superficie circostante. A causa della loro instabilità, le macchie possono provocare espulsioni di massa coronale, le cosiddette CME, e brillamenti solari.
Dunque, la loro presenza in numeri elevati aumenta la probabilità di tempeste geomagnetiche sulla Terra, ma non necessariamente di elevata intensità. “Questo è un luogo comune”, precisa Messerotti: “le più intense tempeste geomagnetiche sono state registrate nella fase di salita del ciclo e in quella di discesa, e non in corrispondenza del picco”.