Entra in vigore domani la legge Ue sul Ripristino della natura, una delle tappe cruciali del Geen Deal, voluta per ripristinare la biodiversità dell’Unione, raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e adattarsi ai cambiamenti climatici, migliorando la sicurezza alimentare per i cittadini europei. Il regolamento sosterrà poi il raggiungimento di altre ambizioni europee, come la sicurezza idrica.
La legge sul Ripristino della natura è una riforma controversa, sbloccata dopo mesi di stallo politico e ancora sette tra i 27 dell’Ue contrari al voto finale (Italia inclusa). Tutt’ora il regolamento è contestato dalle organizzazioni agricole, per quanto annacquato nella stesura finale. Si tratta comunque di una riforma fortemente innovativa, perché per la prima volta non solo prevede la protezione delle aree naturali, ma punta appunto a ‘ripristinare’ quelle già degradate, con una tabella di marcia in tre tappe: il 30% di ogni ecosistema dovrà essere oggetto di misure di ripristino entro il 2030, il 60% entro il 2040 e il 90% entro il 2050. La normativa allineerà inoltre l’Ue agli impegni internazionali di Kunming-Montreal.
La proposta della Commissione europea di due anni fa proponeva di destinare il 10% dei terreni agricoli a interventi per la biodiversità come la coltivazioni di siepi, alberi, fossi, muretti o piccoli stagni: una linea guida, ma che nel testo approvato alla fine non c’è. Le aperture alle proteste degli agricoltori hanno persino fatto allentare il requisito della Pac di destinare il 4% dei terreni a caratteristiche non produttive, rendendola volontaria. Nel Ripristino della natura è diventato volontario anche il ripristino delle zone umide per gli agricoltori e i proprietari terrieri privati (gli Stati dovranno renderlo attraente da un punto di vista finanziario).
Gli obblighi – per gli Stati e non per i singoli agricoltori – riguardano il miglioramento generale della biodiversità, misurata da tre fattori come la presenza delle farfalle delle praterie, lo stock di carbonio organico nei suoli coltivati o la quota di terreni agricoli con caratteristiche paesaggistiche ‘ad alta diversità’. Sono previste anche sospensioni nel caso di crisi.
I piani di ripristino nazionali
Al cuore degli impegni dei singoli Paesi ci saranno i piani di ripristino nazionali che ora dovranno venir presentati alla Commissione europea entro due anni. Inizialmente come bozza, da finalizzare e pubblicare poi nell’arco di sei mesi dall’arrivo di eventuali osservazioni dell’esecutivo Ue.
I piani conterranno le misure previste rispetto alle tappe fondamentali del 2030, 2040 e 2050, per soddisfare gli obblighi e raggiungere gli obiettivi della legge adattati al contesto nazionale, includendo tempistiche, indicazioni sulle risorse finanziarie e benefici attesi, in particolare per l’adattamento e la mitigazione dei cambiamenti climatici. L’Agenzia europea dell’ambiente redigerà poi relazioni tecniche periodiche sui progressi verso gli obiettivi.
Gli obiettivi
Come obiettivo generale, gli Stati Ue adotteranno misure di ripristino in almeno il 20% delle aree terrestri dell’Ue e nel 20% delle sue aree marine entro il 2030. Entro il 2050, tali misure dovrebbero essere in atto per tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino. Tra l’altro, prevede di mantenere gli spazi verdi urbani e la copertura arborea urbana e di aumentarli dopo il 2030.
Aiuterà a raggiungere, entro il 2030, l’obiettivo di ripristinare almeno 25.000km di fiumi in fiumi a flusso libero. Inoltre, contribuirà a invertire il declino delle popolazioni di impollinatori e a migliorarne la diversità, a migliorare la biodiversità negli ecosistemi agricoli e la biodiversità degli ecosistemi forestali e a contribuire all’impegno di piantare almeno tre miliardi di alberi aggiuntivi entro il 2030 a livello Ue.