Negli ultimi anni, si sono diffuse diverse teorie del complotto che sostengono come eventi meteorologici estremi, tra cui l’alluvione che ha colpito l’Emilia Romagna, siano provocati intenzionalmente attraverso tecnologie di geoingegneria o per mezzo delle cosiddette “scie chimiche“. Queste ipotesi, prive di fondamento scientifico, si alimentano grazie alla paura e alla crescente sfiducia verso le istituzioni e il mondo scientifico.
Una delle ragioni per cui tali teorie cospirazioniste hanno guadagnato consenso è la complessità intrinseca dei fenomeni climatici. Le alluvioni, come quella che ha devastato l’Emilia Romagna, sono quasi sempre frutto di una combinazione di elementi naturali, tra cui precipitazioni intense e terreni saturi, aggravati dagli effetti del cambiamento climatico. Tuttavia, per molte persone, queste spiegazioni scientifiche, spesso dettagliate e complesse, possono risultare difficili da comprendere o poco rassicuranti, spingendo così a cercare spiegazioni più semplici e sensazionalistiche.
In contrasto con queste teorie prive di evidenze, i dati forniti dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) offrono una panoramica chiara e concreta della pericolosità idraulica in Italia. Tali informazioni mostrano come il rischio di alluvioni e frane sia un problema concreto e ben documentato, con vaste aree del Paese, compresa l’Emilia Romagna, esposte a un’elevata vulnerabilità.
Questa tendenza a credere in teorie non verificate è favorita anche dalla scarsa conoscenza delle evidenze scientifiche fornite da istituzioni autorevoli come l’ISPRA. I dati dimostrano chiaramente che il rischio di alluvioni non è legato a interventi artificiali, ma a cause naturali e antropiche, come il cambiamento climatico e la gestione del territorio.