È la misura più precisa che sia mai stata ottenuta all’acceleratore Large Hadron Collider (LHC) del CERN della massa del bosone W, e ne determina il valore in 80360,2 MeV con un’incertezza di 9,9 MeV. La misura è stata realizzata dall’esperimento CMS analizzando i dati prodotti nelle collisioni protone-protone del secondo periodo di presa dati di LHC (run2). Il risultato, molto atteso dalla comunità scientifica internazionale della fisica delle particelle, è stato presentato dalla Collaborazione Scientifica di CMS nel corso di un seminario che si è tenuto oggi, 17 settembre, al CERN.
“La misura della massa del bosone W è stata ottenuta da CMS grazie a una analisi all’avanguardia dei dati prodotti a LHC”, sottolinea Giacomo Sguazzoni, ricercatore dell’INFN responsabile nazionale di CMS. “La precisione raggiunta era impensabile quando LHC e CMS sono stati concepiti, ed è frutto del caparbio e appassionato lavoro di tanti colleghi e colleghe impegnati nelle attività di ricerca che, negli anni, hanno permesso di ottenere da CMS, un rivelatore molto complesso e sofisticato, prestazioni ben superiori a quelle previste inizialmente dal progetto”, conclude Sguazzoni.
“Questa misura è il risultato di molti anni di lavoro capillare durante il quale abbiamo affrontato e risolto numerose problematiche sperimentali”, spiega Lorenzo Bianchini, professore di Fisica all’Università di Pisa, associato all’INFN, e coordinatore del progetto ERC ASYMOW dedicato proprio a questa misura. “Abbiamo fatto tesoro dell’esperienza accumulata nel corso di analoghe misure a LHC e al Tevatron, affrontandone le criticità grazie ai recenti progressi nei calcoli teorici di precisione e a nuovi paradigmi per l’analisi dei dati. Ne è uscita una misura moderna e innovativa sotto molti punti di vista, frutto di un lavoro di collaborazione internazionale in cui il contributo italiano è risultato estremamente importante, anche grazie alle opportunità offerte dai finanziamenti europei alla ricerca. Tutto questo usando solo un decimo dei dati del run2, lasciando quindi ampi spazi di miglioramento della misura nei prossimi anni”, conclude Bianchini.
Dalla sua scoperta, il bosone W è stato misurato con sempre maggiore precisione da diversi esperimenti, al CERN e in altri laboratori. Il risultato presentato ora da CMS è concorde con le previsioni teoriche e con tutte le misure precedenti, ad eccezione di quella ottenuta dall’esperimento CDF all’acceleratore Tevatron del Fermilab, negli Stati Uniti. Nel 2022, la Collaborazione Scientifica di CDF aveva, infatti, misurato un valore sorprendentemente alto della massa del bosone W, pari a 80434,0 MeV con un’incertezza di 9,4 MeV: un valore che differisce significativamente dalla previsione teorica del Modello Standard e dagli altri risultati sperimentali, richiedendo ulteriori studi. Nel 2023, la collaborazione ATLAS, che aveva fornito una sua prima misura della massa del bosone W nel 2017, aveva pubblicato una nuova misura migliorata, basata su una rianalisi dei dati delle collisioni protone-protone del primo periodo di presa dati di LHC (run1). Il nuovo valore della massa del W determinato da ATLAS – 80366,5 MeV con un’incertezza di 15,9 MeV – era in linea con tutte le misure precedenti, tranne con quella di CDF, che rimane comunque la misura più precisa ottenuta fino ad oggi. Ora, l’esperimento CMS, con la sua prima misura della massa del bosone W, porta anche il suo contributo a questi studi, e il suo risultato si conferma in linea con tutte le misure precedenti, tranne, appunto, quella di CDF.
Assieme al bosone Z, il bosone W è la particella elementare mediatrice della forza debole ed è stato osservato per la prima volta nel 1983, dagli esperimenti UA1 e UA2 all’acceleratore SPS (Super Proton Synchrotron) del CERN. Per questa scoperta Carlo Rubbia, che guidava l’esperimento UA1, e Simon van deer Meer, furono insigniti del premio Nobel per la Fisica l’anno successivo. Il Modello Standard mette la massa del bosone W in stretta relazione con la forza dell’interazione che unifica le forze elettromagnetiche e deboli, e con le masse del bosone di Higgs e del quark top, vincolando il suo valore a 80353 milioni di elettronvolt (MeV) con un’incertezza di 6 MeV. Determinare il valore della massa del bosone W con alta precisione è quindi molto importante perché permette di verificare se queste proprietà siano tutte coerenti con il Modello Standard. Se così non fosse, la causa sarebbe da ricercare in nuovi fenomeni fisici, come nuove particelle o interazioni.
“Il valore della massa del bosone W deriva, nel Modello Standard, da due ingredienti fondamentali: la forza della interazione debole – di cui è mediatore – e il valore del campo di Higgs, responsabile della generazione della massa di tutte le particelle elementari fino ad oggi osservate”, spiega Stefania De Curtis, direttrice del Galileo Galilei Institute dell’INFN. “Questa nuova misura rappresenta dunque un ulteriore successo della nostra teoria perché, data la precisione, superiore a tutte le aspettative, ne conferma la predizione a livello delle correzioni quantistiche che contribuiscono al suo valore. L’accordo a livello quantistico con le predizioni teoriche indica che, almeno per la massa del W, non servono nuovi fenomeni o nuove particelle per spiegare la natura. Ciò non esclude che queste non siano nascoste dietro l’angolo e che gli esperimenti di LHC possano ‘scovarle’ in un vicino futuro per gettare luce sui problemi ancora aperti del Modello Standard”, conclude De Curtis.