Archeologia, Iside o Agata? Il culto delle divinità egizie in Sicilia

Interventi della storica greca Flavia Frisone (Unisalento) e dell’egittologo dell’Università del Cairo Giacomo Cavillier
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Il culto di Iside, divinità dell’antico Egitto adorata anche in Sicilia durante l’epoca ellenistica-romana – culto che, secondo gli studiosi, sfociò in quello per Sant’Agata a Catania durante il periodo cristiano, mentre a Siracusa Santa Lucia è associata a Demetra – sarà il tema della conferenza “Nostra Signora del Mediterraneo Antico. Navigazione e culto di Iside tra ellenismo e impero” in programma martedì 10 settembre a Palazzo Ciampoli (Taormina). Un evento a latere della mostra “Da Tauromenion a Tauromenium” (Palazzo Ciampoli, visite tutti i giorni, dalle 10 alle 19, fino al 30 novembre) che ha visto il rientro dal Museo Salinas di Palermo della statua della Sacerdotessa di Iside (II d.C.) ritrovata a Taormina nel 1867 in un terreno accanto alla Chiesa di San Pancrazio. Edificio che anticamente era proprio un santuario dedicato alle divinità egizie di Iside e Serapide: un serapeion (tempio dedicato a Serapide) trasformato nei secoli in chiesa cristiana.

A parlarne, introdotti da Gabriella Tigano (archeologa e direttrice del Parco archeologico Naxos Taormina) – che per questa mostra ha avuto in prestito la statua della sacerdotessa di Iside recuperata a Taormina nel 1867 e da allora esposta al Museo Salinas di Palermo – saranno Flavia Frisone (storica dell’Università del Salento) e Giacomo Cavillier (egittologo dell’Università del Cairo) che mostreranno come il culto di Iside, partendo dalle rive del Nilo, si sia integrato, trasformandosi nel contesto culturale del Mediterraneo antico.

Al centro dell’incontro la straordinaria importanza del culto di Iside, il cui influsso si estese in tutto il Mediterraneo durante il periodo ellenistico e romano. Divinità dell’antico Egitto, terra che nell’antichità classica era considerata origine di culti arcani e venerabili, Iside ha esteso il proprio influsso ben oltre le sponde del Nilo. Dea protettrice e signora di arti magiche, Iside era considerata un nume capace di ascolto per i suoi devoti: una dimensione empatica e comunicativa che diede al suo culto una rilevanza unica e universale nel mondo ellenistico-romano. Lo spiega Flavia Frisone: “Prendendo le mosse da un reperto importantissimo segno della dimensione storica e culturale dell’antica Tauromenion, esploreremo una figura divina che espresse appieno il peculiare legame fra il mare e il sacro che fu di tutte le civiltà del Mediterraneo antico”. Mentre il racconto di Giacomo Cavillier parte “Dal culto isiaco nell’ Egitto tolemaico – spiega – per giungere nella Roma imperiale e cristiana. In questo sentiero magico-rituale, si tenterà di delineare importanti aspetti del sincretismo di Iside con divinità femminili del pantheon classico ed ellenistico e di fare emergere la sua dimensione culturale, politica e religiosa nel contesto imperiale romano”.

La statua della Sacerdotessa di Iside è stata restaurata nel 2016, durante i lavori di riallestimento del Museo “Antonio Salinas” di Palermo e fotografata, insieme ad altre sculture della collezione, da Iole Carollo, autrice del progetto “No memory” dedicato al periodo di chiusura del museo e alla narrazione dei reperti temporaneamente oscurati da teli e veline e quindi impossibilitati a rappresentare la memoria della collettività.

La mostra

In mostra per “Da Tauromenion a Tauromenium. La città invisibile tra storia e archeologia”la Taormina dei greci (Tauromenion) a quella di epoca romana (Tauromenium). Colta nell’arco temporale del suo massimo splendore – dal III secolo a.C. e fino II d.C. – la città adagiata sui fianchi del Monte Tauro e dall’imponente impianto scenografico, dove ogni monumento era stato concepito dai greci per guardare il mare – e dal mare essere ammirato – sarà la protagonista della grande mostra archeologica

Un grande progetto corale del Parco archeologico Naxos Taormina, diretto dall’archeologa Gabriella Tigano, che da circa due anni coordina diversi gruppi di lavoro – scientifici e tecnici – formati da archeologi e funzionari del Parco, della Soprintendenza di Messina e delle Università di Messina, Palermo e Catania e da un team interdisciplinare costituito da architetti, informatici, filmmaker ed esperti di ricostruzioni 3D con l’obiettivo di ricomporre, rileggere e raccontare il DNA di una città dalla storia antichissima e, per la sua posizione privilegiata, abitata da sempre. Quello che gli archeologi definiscono infatti “sito a continuità di vita”, proprio per indicare l’ininterrotta presenza umana nel corso dei millenni. Con tutto ciò che ne deriva in termini di stratificazioni e modifiche di monumenti, case private ed edifici pubblici che, come nel caso del Teatro Antico, diventarono un vero e proprio giacimento di elementi architettonici da “riciclare” per nuove costruzioni: interi – come le colonne della scena, oggi visibili anche lungo il corso principale a decorare facciate di palazzi d’epoca – o ridotti in polvere per essere utilizzati come malta/cemento per nuove costruzioni.

Due i piani di lettura della mostra: da un lato quello materiale con reperti, elementi architettonici, frammenti e statue rinvenuti durante gli scavi antichi e recenti, realizzati con finanziamenti pubblici e privati; dall’altro il piano di lettura virtuale con la ricostruzione animata di edifici che, come slabbrature del tessuto urbano contemporaneo, affiorano dagli scavi a vista di vicoli e piazzette di Taormina. Ovvero la “città invisibile”.

In mostra a Palazzo Ciampoli sono reperti sinora custoditi nei magazzini del Parco (capitelli, epigrafi, statue) e altri frutto di ritrovamenti più recenti, conosciuti dagli studiosi ma mai esposti (come alcune tanagrine rinvenute nella cisterna dell’hotel Timeo e reperti da scavi a Villa San Pancrazio, all’ex Convento San Domenico e in altre proprietà private). E ancora teste, bassorilievi e iscrizioni, reperti già noti e normalmente esposti nell’Antiquarium del Teatro qui inquadrati nel contesto tematico e storico.

Per l’occasione, vivamente attesa dalla comunità locale, è tornata a Taormina la famosa “Sacerdotessa di Iside”, statua in marmo rinvenuta nel 1867 vicino alla chiesa di San Pancrazio – anticamente luogo di culto di Iside e Serapide – e dal 1868 trasferita al Museo Salinas di Palermo, primo museo archeologico della Sicilia. La statua è assente da Taormina dal 2001, quando fu esposta nella mostra organizzata dalla Soprintendenza di Messina con il Comune di Taormina e allestita negli spazi di Badia Vecchia. Altri prestiti giungono dalla Soprintendenza di Palermo e dal Seminario arcivescovile di Palermo (ex collezione Alliata di Villafranca).

Taormina – commenta la direttrice del Parco, Gabriella Tigano – è un sito a continuità di vita, quindi la sua storia urbana, in un lasso di tempo di circa 2500 anni, diventa per noi studiosi un complesso mosaico da ricostruire, operazione da condurre con il necessario rigore scientifico. Abbiamo provato a ricomporlo, incrociando fonti documentali, reperti mobili e strutture antiche e, con il supporto delle moderne tecnologie digitali, abbiamo realizzato una serie di video con animazioni 3D per restituire ai visitatori di tutto il mondo e di tutte le età la fascinazione della monumentale e scenografica città fondata dai greci e che visse secoli di pace e fortuna anche in epoca romana”.

Sei le sezioni tematiche del percorso espositivo, che si snoda sui due piani di Palazzo Ciampoli. Si parte dalle tracce delle popolazioni sicule documentate dalla necropoli di Cocolonazzo: le origini, vivere e abitare a Tauromenion/ium: le case degli uomini; gli edifici pubblici, i luoghi del sacro, le necropoli, dal teatro all’anfiteatro, il collezionismo. Mentre una carta archeologica, ricostruzioni 3D e un apparato multimediale e immersivo (video e video mapping) faranno rivivere ai visitatori l’esperienza di aggirarsi tra vicoli attuali e dentro la città antica

Il progetto scientifico della mostra, a cura del Parco Archeologico Naxos Taormina, è stato diretto dalle archeologhe Gabriella Tigano (direttrice del Parco) e Maria Grazia Vanaria (funzionaria) e condotto in collaborazione con Giuseppa Zavettieri, Annunziata Ollà, Rocco Burgio (Soprintendenza BBCCAA di Messina); con Lorenzo Campagna, Marta Venuti, Marco Miano (Università degli Studi di Messina); con Germana Barone, Paolo Mazzoleni, Alessia Coccato (Università degli Studi di Catania); con Francesco Muscolino (Museo archeologico nazionale di Cagliari), Dario Barbera; Carmelo Malacrino (Università degli studi di Reggio Calabria); Carla Aleo Nero (Soprintendenza BB.CC.AA. di Palermo), Lucia Ferruzza (Museo archeologico Antonino Salinas- Palermo); Concetta Rizzo; Cecilia Alba Buccellato. Il progetto di allestimento e la grafica sono stati curati da Diego Cavallaro (Parco Archeologico Naxos Taormina).

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