Qualcosa si muove. Anche se l’idea di rivedere lo stop ai motori endotermici con la data ghigliottina del 2035 resta scritta sulla sabbia di Bruxelles, il Consiglio Ue ha cominciato a tracciare una virata. Il ministro alle Imprese e al Made in Italy, Adolfo Urso, ha partecipato alla due giorni dedicata a competitività, industria e regole portando una istanza di rallentamento delle norme più rigide che stanno accelerando la chiusura di impianti e fabbriche, rendendo: “Ho anticipato – racconta alla ‘Verità” – le linee guida del ‘non paper’ che intendiamo presentare per anticipare ai primi mesi del 2025 l’esercizio della clausola di revisione prevista dal Regolamento sui veicoli leggeri, attualmente indicato per la fine del 2026. Non possiamo lasciare nell’incertezza per altri due anni imprese e consumatori a fronte di quanto è già accaduto“.
“C’è largo consenso – continua il ministro – sulla necessità di intervenire subito esercitando in anticipo la clausola di revisione. Ne ho parlato in questi giorni con Germania, Spagna, Polonia, Romania, Austria, Slovacchia, Olanda, Repubblica Ceca, Cipro e Malta. E si sono espressi favorevolmente anche Slovacchia e Lettonia. Con gli altri parlerò nei prossimi giorni”
Alcuni, come Germania e Spagna, “intendono mantenere il target del 2035 ma sono pienamente consapevoli della necessità di creare le condizioni perché ciò avvenga“. Altri, preferiscono comunque “spostare in avanti l’obiettivo ad una data più realistica. Inoltre, evidenzio che anche l’Acea ha manifestato di condividere la nostra richiesta in un documento inviato ai governi europei, nel quale chiedono anche di rivedere il meccanismo delle sanzioni che colpirebbe le aziende già nel 2025 per un ammontare che alcuni stimano in 15 miliardi“. Urso crede che “la realtà si imponga su ogni ideologia: il buon senso prevarrà. Se non ci muoviamo in fretta, tra pochi mesi saranno gli operai a manifestare nelle capitali europee come hanno fatto pochi mesi fa gli agricoltori con i loro trattori“.
Sul caso Stellantis il ceo Tavares contrasta Acea e chiede di non rivedere le norme. Ma intanto la produzione crolla: “E’ necessario rivedere la prospettiva europea. Noi siamo pronti a sostenere gli investimenti produttivi, siano essi sulle nuove piattaforme siano essi sulla gigafactory, a cui per il momento hanno rinunciato. La soluzione non è certo quella di comprare le batterie in Cina o di verificare a Mirafiori le auto Leapmotors“.
Non crede che i cinesi dell’automotive siano un cavallo di Troia? “Assolutamente no. Nei nostri memorandum con governo e aziende cinesi è previsto esplicitamente che si tratti di investimenti produttivi in cui la maggior parte della componentistica debba essere europea, quindi italiana, e che la parte ‘intelligente’ sia realizzata in Italia sotto le regole della sicurezza nazionale ed europea. Non ci sfugge – conclude Urso – quanto deliberato poche ore fa dal presidente Joe Biden sul piano della sicurezza. L’avevamo previsto. Quindi nessun assemblaggio che avrebbe comunque un corto respiro, ma partnership industriali Made in Italy. Così come stiamo facendo anche per la tecnologia green, pannelli solari e impianti eolici. Prodotti, non assemblati in Italia. In modo da superare ogni eventuale restrizione“.