Elezioni USA 2024, due agende climatiche a confronto

Donal Trump e Kamala Harris rappresentano due visioni del mondo quasi agli antipodi e tale tendenza si riflette anche nel loro approccio alle questioni legate al cambiamento climatico e alla transizione energetica
MeteoWeb

I due candidati alle Presidenziali USA del 5 di novembre Donald Trump e Kamala Harris hanno approcci molto diversi riguardo alle politiche sul cambiamento climatico riflettendo visioni diametralmente opposte per quanto riguarda le sfide del Climate change

Donald Trump

Durante il suo mandato da presidente (2017-2021), Donald Trump ha cavalcato l’umore dei propri elettori adottato un approccio piuttosto scettico nei confronti delle problematiche legate al cambiamento climatico e delle conseguenti politiche ambientali rigide che, a suo dire, penalizzavano l’economia del Paese a stelle e strisce favorendo invece quelle dei principali competitors, Cina fra tutte. Se dovessimo riassumere l’agenda ambientale della prima ammirazione Trump in punti chiave i seguenti sarebbero sicuramente tra i più importanti:

  • Ritiro dall’Accordo di Parigi: Trump ha annunciato il ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi nel 2017, sostenendo che era fortemente penalizzante per gli USA e che avrebbe danneggiato l’economia americana a favore di altri paesi come la Cina e l’India.
  • Deregolamentazione ambientale: Sotto la sua amministrazione, ci sono stati numerosi sforzi per allentare le normative ambientali, incluse quelle sull’estrazione di combustibili fossili e sull’inquinamento industriale. Trump ha favorito l’industria del carbone, del petrolio e del gas naturale, promuovendo politiche di espansione della produzione interna.
  • Scetticismo sul cambiamento climatico: Trump ha espresso più volte dubbi sull’esistenza e la gravità del cambiamento climatico, riducendo gli sforzi federali per combatterlo e abbattendo i finanziamenti per la ricerca scientifica sul clima.

Nell’attuale campagna le posizioni del Tycoon sono rimaste sostanzialmente invariate e mirano, per quanto riguarda l’ambiente, ad una sostanziale ristrutturazione della legislazione introdotta dalla legislazione Biden in questi 4 anni etichettando politiche come l’Inflation Reduction Act (IRA) come “scam” ovvero vere e proprie truffe a danno dell’economia made in USA.

L’ex Presidente rimane fermamente convinto della necessità di incrementare l’estrazione di petrolio e gas sul suolo e nei mari americani, sostenendo che la crisi climatica abbia portato ad una speculazione nei settori green che danneggia l’economia USA e avvantaggia i suoi competitors. Coerentemente a quanto detto una della promesse ricorrenti del Tycoon è quella tagliare i finanziamenti alle iniziative sul clima e ridurre il ruolo delle agenzie federali che se ne occupano.

Kamala Harris

Kamala Harris, attuale vicepresidente degli Stati Uniti sotto l’amministrazione Biden, ha invece adottato un approccio completamente opposto, focalizzando la propria comunicazione sulla lotta al cambiamento climatico e il sostegno alla transizione verso una green economy.

Uno dei primi atti dell’amministrazione Biden-Harris in tema di ambiente è stato quello di rientrare negli Accordi di Parigi, riaffermando l’impegno degli Stati Uniti nella riduzione delle emissioni di gas serra.

La Harris sostiene inoltre una transizione “veloce” verso fonti di energia rinnovabile come il solare e l’eolico, con l’obiettivo di raggiungere zero emissioni nette entro il 2050. Questo include incentivi per le tecnologie verdi, lo sviluppo di infrastrutture sostenibili e la riduzione della dipendenza dai combustibili fossili.

Dato anche il suo passato da procuratrice la Harris ha posto un’enfasi particolare sul tema della giustizia ambientale sostenendo politiche atte a proteggere le comunità vulnerabili che spesso accusano in modo sproporzionato i danni derivanti dall’inquinamento e dai disastri climatici.

Posizioni a confronto

In base a quanto detto potremmo riassumere così le principali differenze di vedute tra Trump e la Harris:

  • Accordo di Parigi: Trump ha ritirato gli USA, Harris ha sostenuto il ritorno e il rispetto degli impegni.
  • Fossili contro Rinnovabili: Trump ha promosso l’uso e la produzione made in USA di combustibili fossili, mentre Harris spinge per l’energia pulita e per una transizione veloce ad una green economy
  • Regolamentazioni: Trump ha deregolamentato molte normative ambientali, mentre l’amministrazione Biden ha tentato di rafforzarle.
  • Percezione del cambiamento climatico: Trump è stato scettico arrivando a definire gli allarmismi come “bufale”, mentre la Harris lo considera una crisi urgente da affrontare con politiche proattive. Interessante è in questa sede riportare un sondaggio dell’Università del Michigan secondo il quale circa il 15% dei cittadini americani non crede ai cambiamenti climatici. Una percentuale che cresce soprattutto tra gli elettori più conservatori. Un’ulteriore conferma arriva da un sondaggio condotto nel 2022 dal Pew Research Center, uno dei più prestigiosi istituti di ricerca del Paese. Dal 2009 al 2022, la percentuale di elettori democratici che vede nei cambiamenti climatici una «grave minaccia» è passata dal 61% al 78%. Tra chi vota repubblicano è scesa invece dal 25% al 23%.

In conclusione, le posizioni dei due candidati appaiono diametralmente opposte come opposte sono le “basi” di elettori con cui gli stessi comunicano. Come in quasi tutte le elezioni Presidenziali americane la differenza potrebbe essere determinata dagli “indecisi” che abitano i c.d. “swing state” ovvero quegli stati considerati “non sicuri” da entrambi i partiti e che contribuiscono al raggiungimento de magic number 270 di grandi elettori necessari a vincere le elezioni presidenziali.

Il futuro approccio dell’America e di conseguenza di gran parte del mondo occidentale alle questioni ambientali verrà quindi deciso dagli elettori americani il 5 novembre, ovviamente non abbiamo la presunzione di poter affermare quale sia il più giusto ma di sicuro, come in molti campi delle vita, è possibile sostenere che “in media stat virtus”.

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