Esplorare un vulcano sottomarino da 16000km di distanza: nuove scoperte sull’eruzione di Tonga

Attività in corso al vulcano sottomarino Hunga a Tonga: il caso per un migliore monitoraggio dei vulcani sottomarini in tutto il mondo
MeteoWeb

L’eruzione sottomarina del vulcano di Tonga nel gennaio 2022 ha emesso una colonna di cenere e gas a 20 chilometri nell’atmosfera e ha scavato un cratere profondo 850 metri sul fondale oceanico. Gli effetti dell’eruzione al di fuori dell’oceano sono stati ben studiati, grazie a reti complete di sistemi di monitoraggio globali. Ma le difficoltà logistiche e il pericolo continuo hanno reso più difficile indagare sulle condizioni sottomarine dopo l’eruzione. Ora, una nave da ricerca controllata a distanza ha raccolto le prime misurazioni complete dall’interno dell’enorme cratere lasciato dal vulcano Hunga (precedentemente noto come Hunga Tonga-Hunga Ha’apai) dopo la sua eruzione di due anni fa.

Per indagare sulle condizioni sottomarine dopo l’eruzione, Sharon Walker e Cornel de Ronde hanno pensato ad una nave senza equipaggio pilotata da operatori remoti a 16.000 chilometri di distanza. Il loro lavoro è pubblicato sulla rivista Geochemistry, Geophysics, Geosystems.

Nel loro studio, i ricercatori condividono i risultati di tre missioni sul cratere intraprese nell’estate del 2022. La nave da ricerca, gestita da tecnici nel Regno Unito, era dotata di sonar a raggi multipli per la mappatura del cratere e di strumenti per misurare caratteristiche tra cui la temperatura, la torbidità e la chimica dell’acqua al suo interno.

La nave di superficie senza equipaggio Maxlimer esamina il vulcano sottomarino Hunga nel luglio 2022. Le isole all’orizzonte sono i resti di Hunga Ha‘apai (a sinistra) e Hunga Tonga (a destra) dopo la potente eruzione del 15 gennaio 2022. Credit: SEA-KIT International

Nuove scoperte sull’eruzione di Tonga

Gli autori hanno trovato prove di pennacchi di cenere e di sfiati in corso all’interno del cratere sette mesi dopo l’eruzione, nonché aree separate di degassamento di anidride carbonica, che indica che il sito è rimasto attivo.

L’alto bordo del cratere stava intrappolando gran parte del pennacchio all’interno del cratere stesso, con piccole quantità che fuoriuscivano attraverso due brecce, il che potrebbe influenzare il recupero ecologico nell’area, riferiscono gli autori dello studio. Non è ancora chiaro se il pennacchio fosse dovuto all’attività vulcanica o idrotermale o a una combinazione delle due.

L’importanza di missioni simili

Il successo della missione nell’utilizzo di un veicolo controllato da remoto per condurre un campionamento completo di un cratere vulcanico sottomarino attivo evidenzia il valore delle missioni senza equipaggio per la raccolta di dati in questi ambienti potenzialmente pericolosi.

Inoltre, il ritrovamento di prove persistenti di sfiati e degassamento nel vulcano, nonostante le scarse evidenze di attività in superficie, sottolinea l’importanza di missioni sottomarine come queste per il monitoraggio dei vulcani attivi negli oceani; missioni simili dovrebbero essere applicate anche altrove, sostengono gli autori dello studio.

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