Oggi si celebra il biologico in tutta Europa, una festa voluta dall’Unione Europea per riconoscere l’importanza del settore nel sistema agroalimentare. Tuttavia, secondo il presidente di AIAB Giuseppe Romano, c’è ben poco da celebrare, sia a livello europeo che nazionale. “Non bastava la guerra, l’inflazione, la crisi climatica ed energetica, le retromarce politiche, le difficoltà burocratiche. Adesso – dice Romano – per l’agricoltore biologico italiano arriva un’ulteriore picconata: il Decreto Non Conformità (approvato nel luglio scorso) che considera l’agricoltore biologico un truffatore di default, a meno che non dimostri la sua buona fede. Un quadro normativo che impone sanzioni che vanno dai 2 mila ai 100 mila euro, un paradosso rispetto ad altri settori alimentari dove non esistono sanzioni economiche di questa entità. Una presunzione di colpevolezza inaccettabile che deve essere urgentemente riconsiderata”.
Per non conformità si intende un’infrazione, rispetto alle norme del Regolamento europeo, che nella maggioranza dei casi è di entità lieve o di tipo amministrativo e documentale. Infatti Il produttore bio deve gestire una normativa molto complessa e può succedere che commetta degli errori, che vanno comunque sanzionati, perché il soggetto che va maggiormente tutelato è sempre il consumatore. Quello che non è accettabile è la sproporzione della punizione. Il prodotto può essere soppresso o il terreno in questione può essere dichiarato non più biologico e tornare in conversione. Come succede per tutti gli altri prodotti delle altre filiere, compresi i Dop e Igp. Ma quello che è incomprensibile sono multe economiche sproporzionate che possono portare al fallimento e alla chiusura dell’azienda.
Un accanimento contro il biologico che è un fenomeno tutto italiano: negli altri Stati membri non si registrano normative così severe, cosa che espone i nostri agricoltori al rischio di perdere competitività a livello internazionale.
“La norma – dice Romano – si inserisce inoltre in un contesto europeo che ha visto in questi ultimi mesi, a seguito della cosiddetta protesta dei trattori, una brusca retromarcia sulle politiche di sostenibilità: una completa deregolamentazione nel campo delle NBT (i nuovi OGM) e o stop al SUR, il regolamento che prevedeva il blocco dei pesticidi entro il 2030. Il tutto a favore delle lobby degli agrofarmaci. Ci domandiamo che fine fanno ora gli obiettivi elencati nella strategia Farm to Fork, che mirava a elevare i criteri ambientali e apromuovere il consumo di cibi sostenibili attraverso il passaggio verso abitudini alimentari sane. In un giorno in cui il biologico viene celebrato con tante belle parole, è necessario chiedere che queste norme vessatorie vengano disapplicate. La presunzione di colpevolezza non può essere il principio guida in un settore che ha fatto della trasparenza e della qualità i suoi pilastri e che rappresenta in Italia uno dei settori di eccellenza e di maggiore sviluppo, anche grazie a una crescente consapevolezza di consumatori sempre più informati ed esigenti. E’ un clamoroso errore storico, politico e ambientale, puntare l’indice contro i produttori biologici, considerandoli truffatori di default, quando è il modello dell’agricoltura dipendente degli agrofarmaci, spesso decorata di sostenibilità, ad aver contribuito alla riduzione del 23% della produttività della superficie terrestre mondiale, al suo degrado e a una minaccia di estinzione di circa un milione di specie, se non si interviene radicalmente e rapidamente”.
Il biologico in Italia è una realtà consolidata, che ha portato benefici su più fronti: produzione, qualità ambientale, rapporto tra città e campagna, consapevolezza dei consumatori, salute del suolo e della biodiversità. I dati sull’andamento del comparto in Italia, pubblicati di recente, evidenziano che gli operatori biologici crescono del +1,8% rispetto al 2022, il suolo agricolo utilizzabile certificato biologico è quasi arrivato al 20%, i consumi registrano un aumento annuo del 5% mentre sono 24,8mln le famiglie (rapporto Coop 2024) che hanno acquistato prodotti certificati biologici e di queste 9,6mln ne aumenteranno l’acquisto.
“Non solo, – dice Romano – la qualità del controllo della filiera del bio in Italia è cresciuta negli anni, tanto da essere diventato il nostro fiore all’occhiello. Il nostro paese è leader europeo dei sistemi di controllo, un risultato di cui dobbiamo andare fieri. Invece il governo, lungi dall’incentivare la conversione al metodo bio, lo sviluppo di sistemi di tracciabilità adeguati lungo tutta la filiera (anche con l’utilizzo delle nuove tecnologie), la reperibilità del prodotto per tutti (agendo sulla filiera distributiva che incide nel prezzo finale al consumatore), riconoscendo, quindi, i predetti risultati, sembra voler punire chi ha scelto un percorso di sostenibilità. Una scelta particolarmente discutibile in un momento in cui milioni di persone soffrono fame e malnutrizione mentre in tutto il mondo un’alta percentuale del cibo prodotto, quasi nella sua totalità dall’agroindustria, viene perso o sprecato”.
“Per fermare questo attacco frontale – conclude Romano – l’intero comparto dell’agricoltura biologica in Italia e tutte le organizzazioni ad esso connesse, devono costituire un fronte comune, che permetta di rispondere puntualmente a tutte le illazioni e le congetture che il Governo e le sue articolazioni politiche (anche attraverso i media con articoli denigratori e fantasiosi) mettono in campo con l’obiettivo di smembrare un intero settore. Non si può accettare che l’agricoltura biologica, una delle eccellenze italiane, venga mortificata e trattata come una produzione pericolosa da cui difendersi“.