L’atmosfera perduta di Marte potrebbe essere intrappolata nel suolo

L’utilizzo del metano intrappolato potrebbe infatti alimentare i sistemi energetici dei futuri insediamenti umani o delle stazioni di ricerca sul pianeta
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Un nuovo studio ipotizza che l’atmosfera che miliardi di anni fa avvolgeva Marte, oggi ridotta a una sottile coltre di gas, possa essere ancora presente, ma intrappolata sotto la superficie del pianeta. La ricerca, pubblicata sulla rivista Science Advances da due geologi del Massachusetts Institute of Technology (MIT), Joshua Murray e Oliver Jagoutz, propone una spiegazione innovativa riguardo il destino dell’antica atmosfera marziana. Se confermata, questa teoria potrebbe rivelare una risorsa energetica fondamentale per le future missioni spaziali.

L’atmosfera di Marte

Secondo lo studio, l’acqua che un tempo scorreva abbondantemente sulla superficie di Marte avrebbe avviato una serie di reazioni chimiche che avrebbero trasformato la CO₂ atmosferica in metano, successivamente intrappolato all’interno della crosta rocciosa del pianeta. Questo processo, simile a quelli osservabili in alcune zone della Terra, suggerisce che l’atmosfera marziana, lungi dall’essere completamente dispersa nello spazio, sia invece ancora conservata sotto forma di gas intrappolato in strati di minerali.

I ricercatori hanno applicato la loro conoscenza dei processi geologici terrestri alle caratteristiche uniche di Marte. In particolare, hanno studiato il ruolo che l’olivina, un minerale ferroso molto comune, avrebbe avuto nella trasformazione chimica dell’atmosfera del pianeta. Marte, nel corso di circa un miliardo di anni, avrebbe attraversato un processo di trasformazione in cui l’acqua, infiltrandosi nelle rocce, avrebbe reagito con l’olivina.

Durante questa reazione, l’ossigeno presente nell’acqua avrebbe ossidato il ferro contenuto nell’olivina, un processo che avrebbe conferito a Marte il suo caratteristico colore rosso, dovuto alla presenza di ossido di ferro (ruggine). Ma la trasformazione non si fermerebbe qui: l’idrogeno liberato da questa ossidazione si sarebbe successivamente combinato con l’anidride carbonica (CO₂) presente nell’atmosfera primordiale marziana, formando così metano. Questo gas, una volta prodotto, sarebbe stato intrappolato nelle rocce marziane.

La smectite

Secondo Joshua Murray, la reazione avrebbe anche portato alla trasformazione dell’olivina, prima in serpentino e poi in smectite, un tipo di argilla. Questo tipo di argilla, secondo i ricercatori, ha una notevole capacità di immagazzinare il carbonio. “La smectite – sottolinea Murrayha una grande capacità di immagazzinare carbonio“, affermando che proprio questa caratteristica avrebbe consentito di trattenere grandi quantità di metano sotto la superficie marziana.

Lo studio ipotizza che, se Marte fosse ricoperto da uno strato di smectite profondo fino a 1.100 metri, questo strato potrebbe aver accumulato una quantità di metano tale da corrispondere a circa l’80% dell’atmosfera originaria del pianeta. Questo gas non solo rappresenterebbe una prova della teoria sull’atmosfera marziana perduta, ma potrebbe anche costituire una preziosa risorsa per le future missioni spaziali dirette verso Marte. L’utilizzo del metano intrappolato potrebbe infatti alimentare i sistemi energetici dei futuri insediamenti umani o delle stazioni di ricerca sul pianeta.

L’esplorazione di Marte

Questa scoperta apre una nuova prospettiva anche sull’esplorazione marziana. La possibilità che il pianeta rosso conservi ancora parte della sua antica atmosfera sotto la superficie, e che questa atmosfera sia sfruttabile come fonte di energia, rappresenta un incentivo per approfondire ulteriormente gli studi sui processi geologici di Marte. Inoltre, se confermata, questa teoria potrebbe cambiare la nostra comprensione dell’evoluzione di Marte e della sua capacità di sostenere la vita in un lontano passato.

La ricerca di Murray e Jagoutz, sebbene ancora in fase di sviluppo, si basa su un’analisi comparativa con processi osservati sulla Terra. Le analogie con quanto avviene nel nostro pianeta rafforzano la credibilità della teoria, evidenziando come l’acqua, il carbonio e i minerali possano interagire in modi complessi e imprevedibili. Questi processi, che hanno già dato origine a importanti risorse energetiche terrestri, potrebbero aver seguito percorsi simili anche su Marte, portando alla formazione di giacimenti di gas utili per le missioni umane.

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