La materia oscura rappresenta una delle più grandi sfide della scienza moderna. Nonostante costituisca l’85% della massa dell’universo e circa il 27% del suo contenuto complessivo, rimane un enigma per gli scienziati di tutto il mondo. È un’entità che, sebbene invisibile e impercettibile ai nostri strumenti tradizionali, esercita una forte influenza gravitazionale sulle galassie e sulle strutture cosmiche. Tuttavia, la sua vera natura continua a sfuggirci.
Per decenni, gli astronomi hanno cercato di comprendere cosa sia esattamente la materia oscura e come interagisca con l’universo visibile. Una teoria popolare suggerisce che la materia oscura sia composta da particelle che interagiscono quasi esclusivamente tramite la gravità, rendendole incredibilmente difficili da rilevare. Altri scienziati, tuttavia, ipotizzano che queste particelle potrebbero occasionalmente interagire tra loro, un fenomeno noto come auto-interazione della materia oscura. Se confermata, questa teoria potrebbe gettare nuova luce su una delle questioni più affascinanti della fisica moderna.
Ma, come per molte scoperte cosmologiche, c’è un ostacolo significativo: separare questi segnali ipotetici da altri fenomeni cosmici. In particolare, i nuclei galattici attivi (Active Galactic Nuclei o AGN), che sono buchi neri supermassicci al centro delle galassie, possono produrre effetti gravitazionali che imitano quelli della materia oscura. Il risultato? Un rumore cosmico che complica il lavoro degli scienziati, rendendo estremamente difficile distinguere tra le due forze. Tuttavia, grazie a un nuovo strumento basato sull’intelligenza artificiale, gli scienziati potrebbero aver finalmente trovato una soluzione.
Un algoritmo rivoluzionario: l’intelligenza artificiale entra in gioco
Un passo avanti significativo in questo campo arriva dal Laboratorio di Astrofisica dell’Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne (EPFL), dove l’astronomo David Harvey e il suo team hanno sviluppato un algoritmo di deep learning in grado di distinguere tra i segnali complessi provenienti dalla materia oscura e il feedback degli AGN. Questo strumento, pubblicato nella prestigiosa rivista Nature Astronomy, promette di rivoluzionare il modo in cui studiamo la materia oscura e i suoi effetti sull’universo.
L’algoritmo in questione, una rete neurale convoluzionale (CNN), è stato progettato per riconoscere e separare i segnali provenienti dalle auto-interazioni della materia oscura da quelli generati dai buchi neri supermassicci al centro delle galassie. La rete neurale è stata addestrata utilizzando migliaia di immagini simulate di ammassi di galassie, raccolte tramite il progetto BAHAMAS-SIDM. Questo progetto ha modellato l’evoluzione degli ammassi in diversi scenari di feedback della materia oscura e degli AGN, permettendo all’algoritmo di “imparare” a distinguere tra questi due effetti cosmici.
L’utilizzo di reti neurali convoluzionali non è una novità nel campo dell’astronomia, ma ciò che rende unico l’approccio di Harvey è la sua complessità e l’elevata precisione raggiunta dal modello. Tra le varie architetture CNN testate, quella più avanzata, soprannominata “Inception“, si è rivelata particolarmente efficace nel riconoscere i segnali provenienti dalle auto-interazioni della materia oscura.
Il potere dell’intelligenza artificiale: precisione e adattabilità
“Inception“, la rete neurale convoluzionale sviluppata dal team dell’EPFL, ha dimostrato un’accuratezza impressionante. Nei test condotti in condizioni ideali, il modello ha raggiunto una precisione dell’80% nel distinguere tra segnali di auto-interazione della materia oscura e feedback degli AGN. Anche quando i ricercatori hanno introdotto un rumore realistico, imitando le sfide legate ai dati osservativi provenienti dai telescopi, l’algoritmo ha mantenuto alte prestazioni, confermando la sua adattabilità a dati imperfetti.
Questa capacità di gestire dati con rumore è cruciale per il futuro della ricerca cosmologica. I nuovi telescopi, come il telescopio spaziale Euclid dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), sono progettati per raccogliere enormi quantità di informazioni. Tuttavia, la mole di dati potrebbe risultare opprimente per i metodi di analisi tradizionali. L’intelligenza artificiale, con la sua capacità di processare e analizzare rapidamente grandi volumi di informazioni, si propone quindi come uno strumento indispensabile per affrontare questa sfida.
Ma perché è così difficile distinguere la materia oscura dal rumore cosmico? La questione riguarda la natura stessa della materia oscura. Le particelle di materia oscura, secondo una teoria, interagiscono pochissimo con la materia normale, tranne che attraverso la gravità. Questo significa che, a differenza della luce o di altre forme di radiazione elettromagnetica, non emettono né assorbono radiazioni rilevabili dai nostri telescopi. Per questo motivo, possiamo osservare solo gli effetti gravitazionali della materia oscura su oggetti visibili, come galassie e ammassi di galassie.
Gli AGN, i buchi neri supermassicci che risiedono al centro di molte galassie, rappresentano un’altra forza poderosa nell’universo. Quando questi buchi neri accrescono grandi quantità di materia, emettono getti di energia che possono influenzare la distribuzione di gas e polveri nelle galassie, creando segnali che possono confondere gli astronomi nella loro ricerca della materia oscura.
L’intelligenza artificiale sviluppata da Harvey è stata progettata per separare questi due tipi di segnali, consentendo agli scienziati di distinguere chiaramente tra gli effetti della materia oscura e quelli degli AGN.
Il futuro della ricerca sulla materia oscura
L’algoritmo sviluppato all’EPFL rappresenta un significativo passo avanti non solo nella comprensione della materia oscura, ma anche nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale per affrontare problemi complessi in astrofisica. Grazie a questo strumento, i futuri studi potranno analizzare più accuratamente i dati provenienti dai telescopi di nuova generazione e, si spera, fornire risposte definitive sulla natura della materia oscura.
Il prossimo passo sarà testare il modello su dati reali provenienti dalle osservazioni cosmiche. Con l’avvio di missioni come il telescopio Euclid, che sarà lanciato nel prossimo futuro, gli scienziati avranno a disposizione nuove opportunità per mettere alla prova l’efficacia dell’algoritmo e ampliare la nostra comprensione dell’universo.
L’impatto della tecnologia basata sull’intelligenza artificiale potrebbe andare ben oltre la cosmologia. Le tecniche sviluppate per lo studio della materia oscura potrebbero essere applicate ad altre aree della scienza, dall’analisi di immagini mediche alla previsione dei fenomeni climatici. Tuttavia, è nel campo dell’astronomia che queste tecnologie potrebbero svelare alcuni dei segreti più profondi dell’universo.
L’intelligenza artificiale sta emergendo come uno strumento essenziale per affrontare alcune delle domande più complesse dell’astronomia. Il lavoro pionieristico di David Harvey e del suo team dimostra il potenziale di queste tecnologie nel risolvere problemi apparentemente insormontabili, come la distinzione tra la materia oscura e il rumore cosmico.
Mentre continuiamo a esplorare i confini dell’universo, l’integrazione dell’intelligenza artificiale nelle ricerche astronomiche potrebbe aprire una nuova era di scoperte scientifiche. La materia oscura, pur rimanendo ancora un mistero, sembra ora essere a portata di mano, e con strumenti come “Inception”, potremmo essere più vicini che mai a svelare la sua vera natura.