La modellazione e l’analisi basate sui dati rappresentano due pilastri fondamentali della scienza del clima, discipline essenziali per comprendere un sistema complesso e caotico come quello atmosferico. I tentativi di predizione semplice, applicabili ai sistemi fisici lineari, risultano insufficienti quando si parla di fenomeni caotici, come quelli legati al clima. La domanda, quindi, sorge spontanea: è possibile che uno strumento matematico vecchio di un secolo, l’operatore di Koopman, contenga la chiave per una comprensione teorica più completa del sistema climatico?
Ad approfondire il tema è stata Marina Menga in un articolo intitolato “Manifestations of chaos: The rise, fall and revival of the Koopman operator” e pubblicato su Foresight, sito web di approfondimento del CMCC – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, di cui riportiamo ampi stralci.
L’inizio: la nascita dell’operatore di Koopman
Negli anni ’30, John von Neumann e Bertrand Koopman si trovarono impegnati in una singolare impresa scientifica. Koopman, giovane matematico di talento, era allievo di George David Birkhoff, una figura di spicco nella fisica matematica e nei sistemi dinamici. Von Neumann, già allora considerato un prodigio, non aveva ancora acquisito la fama che avrebbe raggiunto con il Progetto Manhattan.
La loro collaborazione nacque da un desiderio comune: unificare la meccanica classica e quella quantistica. Koopman esplorò l’idea che ogni sistema dinamico descritto da equazioni differenziali potesse corrispondere a un operatore lineare. Questa intuizione offriva la possibilità di interpretare i fenomeni fisici attraverso una lente algebrica, permettendo di descrivere la meccanica classica tramite l’algebra degli operatori, un’area in cui i fisici avevano già sviluppato una teoria completa e consolidata.
Tuttavia, un grosso limite emerse subito: per quanto questi operatori lineari fossero matematicamente eleganti, risultavano di dimensione infinita, rendendone l’applicazione pratica complicata. Di conseguenza, nonostante l’entusiasmo iniziale, l’operatore di Koopman fu relegato per decenni a una mera curiosità teorica.
Il ritorno: l’evocazione del fantasma dell’operatore di Koopman
Quasi un secolo dopo, in un contesto che sarebbe sembrato appropriato per una storia di fantasmi, scienziati e matematici si sono riuniti nel castello medievale di Otranto, nel sud Italia. L’occasione? Un workshop intitolato “Koopman Operator Theory: Fundamentals, Approximations and Applications“, organizzato dal Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC) in collaborazione con l’Università della California di Santa Barbara.
Durante questo evento, eminenti fisici e matematici hanno discusso la rinascita dell’operatore di Koopman, esplorando le sue possibili applicazioni, in particolare nel campo della scienza del clima. La teoria degli operatori di Koopman, che un tempo sembrava destinata all’oblio, ora riemerge come uno strumento promettente per colmare il divario tra i modelli fisici e quelli basati sui dati, rendendo le previsioni climatiche potenzialmente più accurate.
La chiave di questa rinascita? L’apprendimento automatico. Negli ultimi vent’anni, l’integrazione di tecniche di machine learning ha permesso agli scienziati di stimare efficacemente la decomposizione degli operatori di Koopman a partire da set di dati. Questo approccio ha aperto nuovi orizzonti, rendendo possibile una rappresentazione lineare di sistemi dinamici complessi direttamente dai dati osservazionali. In breve, ciò che una volta era considerato teoricamente intrigante ma inutilizzabile, sta ora dimostrando il suo potenziale pratico.
Applicazioni moderne: il matrimonio tra deep learning e sistemi dinamici
Durante il workshop di Otranto, una delle discussioni più interessanti ha riguardato l’applicazione dell’operatore di Koopman nelle previsioni climatiche. Il professor Antonio Navarra, presidente del CMCC, ha sottolineato come la teoria possa migliorare significativamente l’interpretabilità dei modelli di deep learning applicati al clima. “Affrontando questioni matematiche come la sensibilità e la robustezza nei calcoli, possiamo identificare le periodicità primarie del sistema climatico e attribuire loro un significato dinamico”, ha dichiarato Navarra.
Questa prospettiva, ha continuato Navarra, potrebbe fornire importanti intuizioni sulle dinamiche caotiche del sistema climatico. Attualmente, i sistemi caotici vengono trattati in modo piuttosto uniforme, ma è probabile che esistano diversi gradi di caos, con alcune regioni di un sistema che presentano un comportamento più prevedibile di altre. Identificare e comprendere queste zone di stabilità potrebbe migliorare le previsioni climatiche e portare a modelli più accurati.
Anche Igor Mezić, professore presso l’Università della California di Santa Barbara e co-organizzatore del workshop, ha sottolineato il potenziale rivoluzionario dell’approccio: “Il nostro obiettivo è fondere l’apprendimento automatico con una solida comprensione fisica dei sistemi. Non si tratta solo di allenare un modello, ma di integrare le leggi fisiche nei modelli predittivi”.
Verso una comprensione teorica più profonda del sistema climatico
Sebbene la modellazione climatica numerica abbia fatto enormi passi avanti negli ultimi decenni, la comprensione teorica del sistema climatico rimane ancora parzialmente ancorata a idee sviluppate a metà del XX secolo. Edward Lorenz, il pioniere della teoria del caos, ridusse la complessità della dinamica atmosferica a un sistema di tre equazioni, creando uno dei primi modelli semplificati di previsione climatica. Tuttavia, la crescente complessità delle interazioni atmosferiche, oceaniche e terrestri ha dimostrato i limiti di tali semplificazioni.
Nel frattempo, il lavoro di Syukuro Manabe, premiato con il Nobel per la Fisica nel 2021, ha evidenziato l’importanza di combinare modelli numerici avanzati con dati osservazionali per affrontare i cambiamenti climatici. Manabe ha sottolineato l’importanza della simulazione numerica, ma la teoria che spiega le dinamiche di fondo di tali fenomeni rimane ancora lacunosa.
La teoria dell’operatore di Koopman si colloca in questo contesto come una possibile soluzione per colmare queste lacune. Offrendo un approccio basato sui dati che non richiede modelli predefiniti, l’operatore di Koopman potrebbe migliorare la capacità di estrarre leggi sottostanti e scoprire periodi di stabilità in sistemi apparentemente caotici. In altre parole, potrebbe fornire una nuova chiave per comprendere meglio fenomeni complessi come l’oscillazione meridionale di El Niño (ENSO) e il cambiamento climatico globale.