Nuove evidenze sull’origine del Parkinson: un legame con l’intestino?

Lo studio ha analizzato i dati di 9.350 pazienti che, tra il 2000 e il 2005, erano stati sottoposti a endoscopia del tratto superiore dell'intestino
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Recenti studi stanno portando alla luce nuove ipotesi sull’origine della malattia di Parkinson, focalizzandosi non più solo sul cervello, ma anche sull’intestino. Un’innovativa ricerca pubblicata su Jama Network Open dal Beth Israel Deaconess Medical Center suggerisce che il Parkinson potrebbe iniziare nell’intestino, ben prima della comparsa dei sintomi neurodegenerativi tradizionalmente associati alla malattia.

Parkinson e intestino

In particolare, questa nuova indagine rafforza una teoria già presente in letteratura: i problemi gastrointestinali potrebbero essere segnali precoci della malattia, manifestandosi addirittura decenni prima dei classici sintomi motori come rigidità e tremori. Come riporta lo studio, “i problemi gastrointestinali sono comuni nei pazienti con disturbi neurodegenerativi, al punto che una volta si pensava che una condizione nota come colon irritabile affliggesse coloro che vivevano nei centri di salute mentale“. I pazienti affetti da Parkinson, infatti, spesso sperimentano disfunzioni gastrointestinali, che possono influenzare negativamente la loro capacità di digerire correttamente il cibo. Questi segnali, sottolineano i ricercatori, “spesso compaiono fino a due decenni prima dei sintomi motori del Parkinson come la rigidità o il tremore“.

Il dottor Subhash Kulkarni, autore principale dello studio, evidenzia come per lungo tempo si sia considerato il Parkinson una malattia che “dall’alto verso il basso“, ossia inizia nel cervello per poi influenzare l’intestino. Tuttavia, questa nuova ricerca propone una prospettiva diversa. “Un’altra ipotesi suggerisce invece che in molti pazienti il percorso avviene dal ‘basso verso l’alto’, quindi dall’intestino fino al cervello“, afferma Kulkarni. Questo ribaltamento del paradigma potrebbe cambiare significativamente il modo in cui si approcciano le prime fasi della malattia.

Lo studio ha analizzato i dati di 9.350 pazienti che, tra il 2000 e il 2005, erano stati sottoposti a endoscopia del tratto superiore dell’intestino. Questi pazienti, tutti senza diagnosi di Parkinson all’epoca, avevano un’età compresa tra i 50 e i 64 anni. L’indagine ha rivelato che coloro che presentavano danni alla mucosa intestinale, come erosioni, esofagiti e ulcere peptiche, avevano un rischio aumentato del 76% di sviluppare il Parkinson negli anni successivi, con un follow-up medio di 14,9 anni.

Prestare attenzione ai sintomi gastrointestinali

Questa connessione tra i danni alla mucosa del tratto superiore dell’intestino e lo sviluppo del Parkinson suggerisce la necessità di una maggiore attenzione verso i sintomi gastrointestinali, spesso sottovalutati. I ricercatori sottolineano che “il danno alla mucosa è stato associato ad un rischio (+76%) di sviluppare la malattia di Parkinson durante il periodo di ‘follow-up‘”. Di conseguenza, il messaggio principale dello studio riguarda la prevenzione: chi ha avuto una storia di danni significativi alla mucosa intestinale dovrebbe essere seguito con attenzione nel tempo, per intercettare precocemente eventuali segni della malattia.

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