Il cosmo ci sorprende ancora una volta con la sua maestosità. Un team di astronomi ha appena riportato una scoperta straordinaria: la più grande coppia di getti di buchi neri mai osservata, che si estende per un totale di 23 milioni di anni luce. Questo vuol dire che, per comprendere l’estensione di tale fenomeno, possiamo immaginare 140 galassie della Via Lattea allineate una dietro l’altra. Questa incredibile scoperta, soprannominata Porphyrion, rappresenta un nuovo record nell’astronomia moderna, e offre una visione completamente nuova dell’universo primordiale.
Ma cosa sono esattamente questi getti, e perché questa scoperta è così importante? Per rispondere a queste domande, dobbiamo addentrarci nelle profondità dell’astronomia e nel mondo enigmatico dei buchi neri supermassicci.
Un viaggio attraverso il tempo e lo spazio
I getti dei buchi neri sono tra i fenomeni più affascinanti e potenti dell’universo. Essi rappresentano flussi di plasma supercaldo che vengono emessi a velocità incredibili dalle regioni circostanti un buco nero, spesso dai poli. I getti possono attraversare distanze inimmaginabili nello spazio, trasportando con sé energia, particelle cariche, radiazioni e persino campi magnetici. Ma fino ad ora, nessuno avrebbe mai immaginato che una coppia di getti potesse estendersi per una distanza così immensa.
Martijn Oei, il principale autore dello studio pubblicato su Nature, descrive così l’importanza della scoperta: “Questa coppia non è delle dimensioni di un sistema solare o di una galassia come la nostra Via Lattea; stiamo parlando di qualcosa di 140 volte più grande in termini di diametro. Se dovessimo posizionare la nostra galassia in questo sistema, sarebbe solo un piccolo puntino in confronto alle due gigantesche eruzioni di plasma.” Un paragone che ci aiuta a immaginare l’incredibile scala di questo evento cosmico.
Secondo le stime, Porphyrion risale a un periodo in cui l’universo aveva solo 6,3 miliardi di anni, meno della metà della sua età attuale di 13,8 miliardi di anni. Durante questa fase primordiale, l’universo era ancora giovane e la sua struttura in via di formazione. Gli astronomi credono che i getti come Porphyrion possano aver avuto un impatto significativo nella modellazione delle galassie e della cosiddetta “ragnatela cosmica”, ossia quella struttura formata da filamenti di materia che collega e alimenta le galassie.
Un Golia della mitologia cosmica
La coppia di getti è stata battezzata Porphyrion, un nome che trae ispirazione da un gigante della mitologia greca. E non è la prima volta che questi fenomeni cosmici vengono associati a figure mitologiche: prima della scoperta di Porphyrion, il record di estensione dei getti apparteneva ad Alcioneo, un altro gigante mitologico, scoperto nel 2022 dallo stesso team. Alcioneo, con i suoi 100 diametri della Via Lattea, sembrava già un colosso astronomico ineguagliabile, ma ora Porphyrion lo ha superato di quasi il 40%.
Per mettere le cose in prospettiva, un altro sistema di getti molto conosciuto, quello di Centaurus A, copre “solamente” 10 diametri della Via Lattea. Questo fa di Porphyrion non solo un gigante, ma un vero e proprio titano cosmico. La sua scoperta ha implicazioni che potrebbero riscrivere il modo in cui gli scienziati comprendono l’impatto di questi fenomeni sull’evoluzione delle galassie.
L’influenza dei ietti sull’Universo primordiale
Questa nuova scoperta solleva importanti domande su come i buchi neri e le galassie si evolvano insieme. George Djorgovski, coautore dello studio e professore di astronomia al Caltech, spiega: “Gli astronomi credono che le galassie e i buchi neri supermassicci al loro centro si influenzino reciprocamente durante la loro evoluzione. Un aspetto chiave di questo processo è rappresentato dai getti di plasma, che possono diffondere enormi quantità di energia e influenzare la crescita non solo delle loro galassie ospiti, ma anche delle galassie vicine.”
Porphyrion si è formato durante una fase dell’universo in cui i filamenti della ragnatela cosmica erano molto più vicini rispetto a quanto lo siano oggi. Questo significa che getti così estesi potevano influenzare porzioni molto più ampie della ragnatela, e quindi delle galassie ad essa collegate, rispetto ai getti che osserviamo nell’universo odierno. In altre parole, la scoperta di Porphyrion potrebbe indicare che i getti giganti avevano un impatto molto maggiore nell’universo primordiale di quanto non si pensasse in precedenza.
Una popolazione di giganti
Se Porphyrion rappresenta un record in termini di dimensioni, è solo uno tra migliaia di giganteschi sistemi di getti scoperti in questi anni. Grazie al radiotelescopio europeo LOFAR (LOw Frequency ARray), gli astronomi hanno individuato più di 10.000 di queste enormi strutture. Prima delle osservazioni di LOFAR, i sistemi di getti giganti erano considerati rari, ma la nuova capacità del radiotelescopio ha rivelato una popolazione sorprendentemente vasta di queste megastrutture cosmiche.
“Prima di iniziare la nostra campagna osservativa, conoscevamo già l’esistenza dei getti giganti, ma non avevamo idea che ce ne fossero così tanti,” afferma Martin Hardcastle, secondo autore dello studio e professore di astrofisica all’Università di Hertfordshire. “Quando otteniamo nuove capacità osservative, come l’ampio campo visivo e l’alta sensibilità alle strutture estese di LOFAR, ci aspettiamo di scoprire qualcosa di nuovo, ma è stato comunque molto emozionante vedere emergere così tanti di questi oggetti.”
Oei e il suo team hanno iniziato ad usare LOFAR nel 2018 non per studiare i getti dei buchi neri, ma per osservare la ragnatela cosmica. Tuttavia, mentre esaminavano le immagini radio, hanno iniziato a notare la presenza di questi incredibili flussi di plasma. A quel punto, il loro obiettivo è diventato la ricerca sistematica di altri getti nascosti, utilizzando sia l’ispezione manuale che strumenti di intelligenza artificiale per analizzare le immagini. Il risultato? Oltre 8.000 coppie di getti giganti rilevati e analizzati, un numero che rappresenta una rivoluzione nel campo dell’astronomia.
Le dichiarazioni degli esperti
“La scoperta di Porfirione rappresenta un passo molto importante nella comprensione dell’evoluzione dei buchi neri e delle galassie, con implicazioni potenzialmente rilevanti anche per le proprietà dell’universo su grandissima scala“, commenta Andrea Botteon, ricercatore INAF coinvolto nello studio. “Questo risultato è stato possibile grazie all’utilizzo della vasta rete di antenne che compongono LOFAR, la quale ci ha permesso per la prima volta di individuare Porfirione e quindi di condurre osservazioni di follow-up con altri telescopi per determinarne le proprietà fisiche“.
Grazie al telescopio radio Europeo LOFAR (LOw Frequency ARray), oltre a Porfirione, sono state scoperte oltre 10.000 megastrutture poco visibili. Sebbene centinaia di grandi sistemi di getti fossero già noti prima delle osservazioni del LOFAR, si pensava fossero rari e in media di dimensioni più piccole rispetto ai migliaia di sistemi scoperti. “Questa coppia non è solo delle dimensioni di un sistema solare o di una Via Lattea; stiamo parlando di 140 diametri della Via Lattea in totale,” afferma Martijn Oei, ricercatore post-dottorato al Caltech e autore principale di un nuovo articolo pubblicato su Nature. “La Via Lattea sarebbe un piccolo punto in queste due gigantesche eruzioni“.
“Le osservazioni a bassa frequenza continuano a mostrare il loro incredibile potenziale“, afferma Francesco de Gasperin, co-autore dello studio e ricercatore INAF. “Riuscire a osservare ed elaborare correttamente questi dati è estremamente complesso, ma negli ultimi anni sono stati fatti grossi passi avanti che hanno permesso un elevato numero di scoperte importanti tra cui molte sulla fisica dei buchi neri supermassicci e sul loro impatto nel modificare la vita delle galassie ospitanti“.
Un enigma che attende risposte
Nonostante la scoperta di questi getti giganti, molti misteri restano irrisolti. Ad esempio, non è ancora chiaro come questi flussi di plasma possano estendersi per distanze così enormi senza destabilizzarsi. Secondo Hardcastle, la spiegazione potrebbe risiedere in un evento di accrescimento particolarmente lungo e stabile attorno al buco nero centrale, che avrebbe permesso al sistema di rimanere attivo per quasi un miliardo di anni. Tuttavia, il fenomeno resta un enigma affascinante, che richiederà ulteriori indagini.
Oei e il suo team sono ora impegnati a capire come questi giganteschi getti influenzino l’ambiente circostante. Tra le domande più intriganti c’è quella relativa al ruolo dei getti nella diffusione del magnetismo nel cosmo. “Il magnetismo sul nostro pianeta permette alla vita di prosperare, quindi vogliamo capire come è nato,” spiega Oei. “Sappiamo che il magnetismo pervade la ragnatela cosmica, poi penetra nelle galassie e nelle stelle, e infine nei pianeti. Ma la domanda è: dove ha avuto origine? Questi giganteschi getti hanno diffuso il magnetismo attraverso il cosmo?“