Tumori: come sfruttare le vulnerabilità del cancro per nuove terapie

Ecco come farmaci già in uso possono essere potenzialmente efficaci contro tumori con una diffusa anomalia genetica
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Il gruppo di ricercatori coordinati dal Prof. Stefano Santaguida – group leader del Laboratorio di integrità genomica all’Istituto Europeo di Oncologia e Professore di Biologia Molecolare all’Università Statale di Milano – ha scoperto che due classi di farmaci anticancro, già in uso in clinica, sono in grado di interferire con l’aneuploidia. Quest’ultima è una caratteristica genetica comune nelle cellule tumorali, che hanno spesso un numero di cromosomi diverso da quello tipico delle cellule normali umane. I ricercatori hanno individuato un possibile nuovo approccio terapeutico, applicabile in principio a diversi tipi di cancro. I risultati sono l’esito di due ampi lavori di ricerca, sostenuti da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, e sono stati pubblicati sulle prestigiose riviste Nature Communications e Cancer Discovery.

I dati ottenuti sono sul filone di uno studio precedente, i cui risultati erano stati valutati come molto rilevanti dalla comunità della ricerca oncologica. Lo stesso gruppo aveva infatti contribuito a dimostrare che l’aneuploidia può essere un bersaglio di farmaci anticancro: una sorta di “tallone d’Achille”, vulnerabile anche in quei tumori che resistono ai farmaci a bersaglio molecolare, diretti contro specifiche alterazioni. Come anticipato, l’aneuploidia è un cambiamento nel numero di cromosomi: tutte le cellule umane hanno, in condizioni normali, 46 cromosomi, mentre quelle tumorali ne hanno spesso di più o di meno, e risultano quindi con un patrimonio cromosomico (cariotipo) sbilanciato. Si tratta di una caratteristica molto comune nelle cellule tumorali, dato che l’aneuploidia si trova nel 90% circa dei tumori solidi e nel 75% di quelli ematologici.

Finora tuttavia questo importante segno distintivo del cancro non è mai stato clinicamente sfruttato come bersaglio di cura, perché fino a poco tempo fa mancavano gli strumenti necessari a riprodurre e coltivare in laboratorio cellule puramente aneuploidi. Le cellule tumorali sono infatti caratterizzate da un caos genetico dovuto a diverse anomalie, fra cui appunto l’aneuploidia. Diversi laboratori di ricerca da anni cercavano di generare sistemi in cui l’aneuploidia potesse essere studiata singolarmente, ossia senza la presenza di altre alterazioni normalmente esistenti nelle cellule tumorali. Lo scopo era analizzare questa caratteristica e capire come colpirla. Per la prima volta allo IEO siamo riusciti a sviluppare cellule in coltura esclusivamente con cariotipi aneuploidi. Abbiamo così potuto creare dei cloni di cellule aneuploidi e studiarli per capire le loro vulnerabilità, vale a dire quali processi servono loro a sopravvivere e quali sono quindi sfruttabili come bersagli terapeutici” spiega Santaguida.

Siamo arrivati per primi a questo risultato grazie all’utilizzo di diverse tecniche “omiche” – approcci di ultima generazione che consentono di avere una visione globale delle attività di una cellula o un tessuto – tra cui tecniche di sequenziamento del DNA, screening genomici e analisi di proteomica. Abbiamo inoltre usato tecniche di microscopia ad alta risoluzione, in cui il nostro laboratorio ha una solidissima esperienza da ormai diversi anni” spiega la dottoressa Marica Rosaria Ippolito, prima autrice dei due articoli e dottoressa di ricerca della Scuola Europea di Medicina Molecolare, grazie alle ricerche svolte presso il Laboratorio di integrità genomica dello IEO diretto dal Professor Santaguida.

Abbiamo così scoperto che le cellule aneuploidi vengono colpite sia dai farmaci chemioterapici che inducono danni al DNA, sia dai PARP-inibitori, i farmaci a bersaglio molecolare utilizzati per esempio nella terapia del tumore dell’ovaio e della mammella. Si tratta di farmaci efficaci in caso di mutazione BRCA e altri deficit genetici che alterano i meccanismi di riparazione dei danni al DNA. I risultati ottenuti con le cellule aneuploidi generate in laboratorio sono stati validati su campioni ottenuti da pazienti; siamo quindi fiduciosi che i nostri studi offriranno a breve nuove possibilità di cura per l’ampio gruppo di tumori aneuploidi” conclude Santaguida.

Lo studio è stato condotto in collaborazione con il laboratorio del Professor Uri Ben-David (Università di Tel Aviv, Israele) e ha visto la partecipazione di eccellenti centri di ricerca mondiali, tra cui il National Cancer Institute (Bethesda, USA), il Broad Institute del MIT e di Harvard (Cambridge, USA), il Max Planck Institute for Molecular Genetics (Berlino, Germania), il Centro di scienze genomiche dell’istituto italiano di tecnologia (IIT, Milano).

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