Sono nanoparticelle d’oro e agiscono come cecchini addestrati per ‘stanare’ e attaccare tumori della vescica inferiori a 1 millimetro, fino ad ora ‘invisibili’ con le attuali tecniche diagnostiche. Piccolissimi ma pericolosi, in quanto responsabili di recidive. A esplorare le potenzialità di quelle che vengono chiamate ‘gold nanorods’ è uno studio internazionale coordinato dall’Ospedale San Raffaele di Milano che ne ha testato efficacia e sicurezza per questa missione.
Il tumore alla vescica è la decima neoplasia più diffusa al mondo (sono oltre mezzo milione ogni anno le nuove diagnosi), ma risulta essere anche una delle più difficili da curare, da un lato a causa della resistenza alla terapia, dall’altro alla presenta della cosiddetta ‘malattia residua’. Le attuali tecniche di diagnostica per immagini, infatti, non sono in grado di rilevare i tumori inferiori a 1 millimetro, soprattutto quando sono piatti, rendendoli estremamente difficili da rimuovere. Ogni anno, a causa di queste limitazioni diagnostiche e terapeutiche, circa 200.000 pazienti presentano una recidiva tumorale vedendosi costretti a intraprendere molteplici percorsi terapeutici lunghi e dolorosi o, nel peggiore dei casi, alla rimozione della vescica, procedure che alla sanità mondiale costano all’anno circa 10 miliardi di dollari.
Lo studio
Il gruppo di ricercatori coordinati da Massimo Alfano, group leader dell’Unità di microambiente extracellulare dell’Istituto di ricerca urologica-Uri diretto da Andrea Salonia, e dell’Unità di urologia diretta da Francesco Montorsi all’Irccs ospedale San Raffaele, ha avviato nel 2018 ‘Edit’, un progetto a cui hanno partecipato anche l’Università Vita-Salute San Raffaele, il Cnr di Pisa, l’università di Bologna, Ascend Technologies del Regno Unito, Fujifilm Visualsonics Inc. di Amsterdam e l’università della Malesia. Il progetto è stato sostenuto dal programma di ricerca e innovazione dell’Ue Horizon 2020, e ha portato oggi alla pubblicazione dello studio su ‘Pnas’, Proceedings of the National Academy of Sciences.
La ricerca dimostra l’efficacia e la sicurezza in modelli preclinici dell’utilizzo di nanoparticelle d’oro per la diagnosi e la cura dei tumori alla vescica inferiori a 1 millimetro, promettendo di ridurre al minimo la ‘malattia residua’ ed eliminare il problema della resistenza alle terapie. Le gold nanorods sono veri e propri minuscoli lingotti d’oro lunghi pochi nanometri che, una volta infusi nella vescica di modelli murini attraverso l’uretra, grazie a uno specifico marcatore, riconoscono e si legano solo alle cellule tumorali. Grazie all’utilizzo di una luce pulsata le nanoparticelle d’oro emettono ultrasuoni, rendendo visibile la presenza del piccolo tumore tramite ecografia. Si è altresì dimostrato che, se invece che alla luce pulsata, le gold nanorods vengono sottoposte a luce continua, seppur della stessa lunghezza d’onda, si scaldano riuscendo a bruciare ed eliminare definitivamente i piccoli tumori prima di adesso invisibili e ineliminabili.
Diagnosi e terapia in un unico processo
“Siamo riusciti a sviluppare una soluzione unica per i problemi che questa forma di neoplasia comporta. In clinica si definisce approccio teragnostico: grazie alle gold nanorods siamo in grado di combinare la diagnosi e la terapia in un unico processo – afferma Alfano -. Inoltre, essendo le particelle instillate direttamente in vescica e poiché l’oro è un materiale biocompatibile, non si rischiano effetti collaterali nei tessuti o negli organi circostanti non neoplastici, effetti che una terapia farmacologica o immunoterapica non potrebbe garantire”.
Le prospettive future
“L’applicazione in clinica di questa soluzione, la cui fattibilità è stata dimostrata nel modello preclinico, potrebbe ridurre la frequenza delle recidive del tumore della vescica e il numero di pazienti con tumori ricorrenti – conferma Alfano -. Prevediamo un grande impatto positivo sulla qualità della vita dei pazienti insieme a una riduzione dei costi sociali sanitari”.
Nel settembre 2023 è nato il progetto Phire, sempre coordinato da Alfano e finanziato dal programma Horizon Europe dell’Ue, il cui obiettivo è portare sul mercato le gold nanorods, di cui il San Raffaele condivide il brevetto con l’Università di Bologna, per l’identificazione e il trattamento di lesioni tumorali alla vescica di dimensioni inferiori a 1 millimetro.
“Il nostro progetto di ricerca e sviluppo, di cui questo studio presenta gli ottimi risultati, è ora alla ricerca di partner industriali e/o finanziari per veder realizzata e applicata questa nuova tecnologia che, siamo sicuri, potrà fare la differenza e garantire il benessere di tantissimi pazienti”, continua Alfano.
“Il potenziale rivoluzionario di questa tecnologia innovativa potrebbe cambiare le linee guida del trattamento del tumore vescicale. Siamo fiduciosi che la soluzione identificata per la malattia residua del tumore vescicale possa applicarsi anche ad altre forme di neoplasia. Il marcatore tumorale riconosciuto dalle nostre gold nanorods è infatti espresso anche dai tumori dell’ovaio e della cervice uterina”, conclude Salonia.