Come un semplice verme può essere la chiave per fermare il Parkinson e l’Alzheimer

Nel 2019, un gruppo di ricerca dell'Università della California, San Francisco, ha individuato un gene umano chiamato MBLAC1, correlato a swip-10, come fattore di rischio per una particolare forma di Alzheimer associata a malattie cardiovascolari
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Le malattie neurodegenerative come il morbo di Parkinson e l’Alzheimer rappresentano una delle maggiori sfide della medicina moderna, con un impatto devastante su milioni di persone in tutto il mondo. Mentre la ricerca si concentra principalmente su approcci basati sull’uomo, gli scienziati stanno anche esplorando organismi più semplici per comprendere le basi biologiche di questi disturbi. Uno di questi organismi è il Caenorhabditis elegans (C. elegans), un piccolo verme nematode che, nonostante le sue dimensioni ridotte e la sua struttura relativamente semplice, offre intuizioni straordinarie su come il cervello umano potrebbe funzionare e malfunzionare.

Il potenziale di un verme: il ruolo di Caenorhabditis elegans nelle neuroscienze

Il Caenorhabditis elegans è un modello consolidato nella ricerca genetica e neuroscientifica, grazie alla sua semplicità e alla trasparenza del corpo, che permette di osservare i processi cellulari in tempo reale. Questo verme minuscolo ha circa 300 neuroni, molto meno dei miliardi presenti nel cervello umano, ma i processi fondamentali che regolano la segnalazione neuronale e l’interazione cellulare sono sorprendentemente simili tra i due organismi.

Nel nuovo studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, un team di scienziati della Florida Atlantic University, guidato dal Dr. Randy D. Blakely, ha rivelato un legame tra la regolazione del rame nel corpo del nematode e la salute neuronale, con implicazioni profonde per le malattie neurodegenerative come il Parkinson e l’Alzheimer. Al centro di questa scoperta vi è il gene swip-10, che regola il rame nell’organismo del verme e gioca un ruolo cruciale nel mantenimento dell’equilibrio neurochimico.

Il rame: un micronutriente essenziale per la salute del cervello

Il rame è un micronutriente vitale per molte funzioni biologiche, incluso il mantenimento della salute cellulare e cerebrale. È necessario per il funzionamento dei mitocondri, le “centrali elettriche” delle cellule, che producono ATP, la principale fonte di energia del corpo. Il rame inoltre contribuisce a proteggere le cellule dai danni causati dalle specie reattive dell’ossigeno (ROS), molecole dannose che possono danneggiare le proteine e il DNA e portare alla morte cellulare.

Nel contesto delle malattie neurodegenerative, un disequilibrio nella regolazione del rame può accelerare la degenerazione neuronale. Nel morbo di Parkinson, ad esempio, i neuroni che producono dopamina sono particolarmente vulnerabili ai danni causati dallo stress ossidativo e dalla disfunzione mitocondriale. Allo stesso modo, nell’Alzheimer, l’accumulo di ROS e la perdita della funzione neuronale sono tra i principali fattori che portano al declino cognitivo.

Il gene swip-10, studiato nel verme, è stato collegato direttamente alla regolazione del rame nel cervello, influenzando la produzione di Cu(I) – la forma rameosa del rame – che è essenziale per la sopravvivenza e il funzionamento dei neuroni.

Il gene swip-10 e la sua connessione con le malattie neurodegenerative
Il team di Blakely ha iniziato a studiare swip-10 nel 2015, scoprendo che i vermi con mutazioni in questo gene mostravano un comportamento anomalo durante il nuoto: dopo pochi secondi, i loro neuroni dopaminergici si attivavano eccessivamente, causando una paralisi temporanea. Questa scoperta ha indicato che il gene era coinvolto nella regolazione dell’attività neuronale.

Successivamente, un ulteriore approfondimento ha rivelato che i neuroni dopaminergici nei vermi mutanti subivano una degenerazione precoce, un fenomeno che riflette ciò che accade nei pazienti con il morbo di Parkinson. La degenerazione si estendeva anche ad altri tipi di neuroni, suggerendo che il difetto genetico potesse essere alla base di diverse forme di neurodegenerazione, oltre al Parkinson.

Un collegamento umano: il gene MBLAC1

Nel 2019, un gruppo di ricerca dell’Università della California, San Francisco, ha individuato un gene umano chiamato MBLAC1, correlato a swip-10, come fattore di rischio per una particolare forma di Alzheimer associata a malattie cardiovascolari. Si è scoperto che l’espressione di MBLAC1 era ridotta nella corteccia frontale dei pazienti affetti da questa forma di Alzheimer, suggerendo un ruolo centrale del gene nel mantenimento della salute neuronale e cardiovascolare.

Come swip-10, MBLAC1 è coinvolto nella regolazione del rame e degli istoni, proteine essenziali che compattano il DNA all’interno delle cellule. Gli istoni possiedono anche la capacità di convertire Cu(II) in Cu(I), un processo cruciale per la funzione mitocondriale e la prevenzione dello stress ossidativo.

Il potenziale terapeutico del gene swip-10

Le scoperte del team di Blakely aprono nuove possibilità per il trattamento delle malattie neurodegenerative. I ricercatori hanno dimostrato che l’integrazione di Cu(I) nella dieta dei vermi mutanti poteva ripristinare l’equilibrio neuronale, migliorare la funzione mitocondriale e ridurre lo stress ossidativo. Questi risultati suggeriscono che terapie mirate al ripristino dell’omeostasi del rame potrebbero avere un effetto protettivo sui neuroni, rallentando o prevenendo la degenerazione neuronale.

Un’altra scoperta interessante riguarda l’antibiotico ceftriaxone, che si è rivelato capace di legarsi a MBLAC1 e di offrire una certa protezione neuronale. Sebbene non sia ancora chiaro come questo farmaco agisca esattamente, il team di Blakely ritiene che il suo effetto possa essere legato alla modulazione dei livelli di rame nelle cellule.

Tuttavia, il ceftriaxone presenta limitazioni significative, come una scarsa capacità di attraversare la barriera ematoencefalica e la possibilità di resistenza agli antibiotici. Di conseguenza, i ricercatori stanno ora cercando di sviluppare farmaci più potenti e specifici che possano modulare l’omeostasi del rame in modo più efficiente, offrendo nuove speranze per il trattamento del Parkinson, dell’Alzheimer e di altre malattie neurodegenerative.

Le scoperte su swip-10 e la regolazione del rame rappresentano un passo importante nella comprensione dei meccanismi alla base delle malattie neurodegenerative. Mentre la ricerca continua, gli scienziati sperano di poter sviluppare nuove terapie che possano correggere l’omeostasi del rame, proteggendo i neuroni e prevenendo la progressione di disturbi come il Parkinson e l’Alzheimer.

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