Il 29 ottobre 1998 lo Space Shuttle Discovery decollò dalla base di Cape Canaveral con a bordo un equipaggio di 7 persone, tra cui l’astronauta veterano John Glenn. Glenn, allora 77enne, divenne la persona più anziana a viaggiare nello Spazio, segnando un capitolo straordinario nella storia dell’esplorazione spaziale e nella ricerca medica sugli effetti dell’assenza di gravità sul corpo umano.
L’impresa di Glenn, a distanza di 36 anni dal suo primo storico volo spaziale, attirò l’attenzione del mondo intero. Nel 1962, a bordo della capsula Friendship 7 del programma Mercury, Glenn era diventato il primo statunitense ad orbitare attorno alla Terra, completando 3 orbite e riportando un enorme successo per la NASA in piena corsa alla conquista dello Spazio contro l’Unione Sovietica. Il suo ritorno nello Spazio non fu solo un evento simbolico, ma aveva un obiettivo scientifico: studiare come il corpo umano affronta lo stress dell’assenza di gravità in età avanzata.
Il volo della missione STS-95 del Discovery durò 9 giorni e permise agli scienziati della NASA di raccogliere dati preziosi sugli effetti dell’invecchiamento e della microgravità. Durante la missione, gli esperimenti condotti su Glenn e sugli altri membri dell’equipaggio contribuirono a comprendere meglio le somiglianze tra i cambiamenti fisiologici legati all’invecchiamento e quelli causati dalla permanenza nello Spazio, come la perdita di massa muscolare, la riduzione della densità ossea e variazioni del sistema cardiovascolare.
Il ritorno di Glenn nello Spazio non solo ampliò la nostra conoscenza medica, ma rappresentò anche un messaggio di ispirazione e coraggio per la comunità scientifica e per il pubblico di tutto il mondo. A più di vent’anni dalla missione, la figura di Glenn rimane un simbolo di determinazione, dimostrando che l’esplorazione dello Spazio non ha limiti di età e che il progresso scientifico è il frutto di esperienze coraggiose.