In una recente intervista rilasciata ad Aliseo e disponibile integralmente su YouTube, Roberto Cingolani, ex Ministro della Transizione Ecologica e attuale amministratore delegato di Leonardo, ha lanciato una serie di accuse verso le scelte politiche e industriali adottate dall’Unione Europea negli ultimi anni. Al centro del dibattito, Cingolani ha discusso la guerra in Ucraina, le tensioni in Medio Oriente, i sistemi di difesa moderni e l’insufficienza di investimenti europei nella Difesa, ma la parte più intensa dell’intervista ha riguardato le strategie energetiche europee e le “follie green”.
Cingolani ha sottolineato che la crisi delle materie prime e l’aumento dei costi energetici in Europa derivano da due principali cause. Da un lato, i fattori esogeni, come la pandemia e il conflitto ucraino, hanno avuto un impatto devastante sull’economia continentale e sulla disponibilità energetica, soprattutto dopo l’interruzione dei rapporti con la Russia. Dall’altro, ci sono scelte strategiche interne, le cui conseguenze risultano oggi evidenti. “L’Europa ha fatto una figura barbina”, afferma Cingolani, sottolineando come le delocalizzazioni in Cina per ridurre i costi di manodopera hanno lasciato l’industria europea vulnerabile ai “ricatti” esterni, specialmente nella produzione di componenti elettronici.
La critica all’ideologia green
Cingolani critica anche l'”ideologia green” che ha dominato le politiche europee, come l’imposizione dell’auto elettrica come unica soluzione e la spinta verso le energie rinnovabili senza considerare il fabbisogno reale di materie prime, come litio, cobalto e nichel, in larga parte inesistente in Europa.
L’analisi di Cingolani mette in luce anche un tema sociale: la spinta verso l’elettrico non considera le differenze economiche tra i Paesi europei, dove per alcuni cittadini l’acquisto di un’auto elettrica rappresenta un investimento insostenibile. Per Cingonali è stato permesso a “gente ad alti livelli istituzionali di mentire per cinque anni dicendo cose che fisicamente non si reggono in piedi”. Avremmo invece dovuto puntare sulla “neutralità tecnologica”. “Bastava dire – sostiene l’ex ministro – che qualunque metodo ci permettesse di ridurre le emissioni di CO₂ era ben accetto. Invece abbiamo creato un meccanismo perverso in cui solo una tecnologia va bene per tutto. Ma era ovvio che non fosse così”.