Con l’avvicinarsi di novembre, le Alpi e gli Appennini rimangono ancora prive del tradizionale manto nevoso, nonostante le precipitazioni abbondanti registrate nelle scorse settimane. La causa principale di questa mancanza di neve è da attribuire alle temperature insolitamente elevate che hanno caratterizzato la stagione autunnale, impedendo la formazione di nevicate a quote inferiori ai 2500 metri. Anche se le condizioni di umidità avrebbero teoricamente potuto favorire la neve, il calore ha trasformato gran parte delle precipitazioni in pioggia, lasciando le montagne brulle.
Normalmente, con l’inizio dell’autunno, le vette alpine e appenniniche dovrebbero già essere imbiancate alle altitudini più elevate. Tuttavia, quest’anno le masse d’aria calda, provenienti da correnti atlantiche e subtropicali, hanno ritardato l’inizio delle nevicate. Le precipitazioni ci sono state, ma le temperature troppo alte hanno impedito il loro naturale processo di trasformazione in neve, riducendo sensibilmente gli accumuli stagionali.
Le temperature autunnali si sono mantenute ben oltre la media stagionale, superando in molti casi di diversi gradi i valori normali per il periodo. Questo ha avuto un impatto significativo sulla capacità delle montagne di trattenere la neve, anche in aree dove solitamente, già a ottobre, si osservano i primi accumuli. Sotto i 2500 metri, la neve è caduta solo in modo sporadico e senza riuscire a consolidarsi, mentre alle quote superiori le nevicate sono state più limitate del previsto.
Questa tendenza è ormai un fenomeno sempre più comune, legato al riscaldamento globale, che sta modificando i modelli climatici. Le stagioni autunnali tendono a essere più calde, e l’arrivo dell’inverno è sempre più posticipato. Questo non ha solo un impatto visibile sul paesaggio montano, ma pone anche questioni rilevanti per il settore turistico invernale, che dipende dalle nevicate precoci. Le conseguenze si fanno sentire anche in ambito idrico, poiché la neve rappresenta una riserva fondamentale d’acqua per molte regioni alpine e appenniniche. Un ritardo nelle nevicate potrebbe compromettere la disponibilità di risorse idriche, con ripercussioni sulle attività agricole e civili durante la primavera successiva.
In conclusione, nonostante le abbondanti piogge, le temperature autunnali eccessivamente elevate hanno ostacolato la formazione di neve sulle Alpi e sugli Appennini. Questo scenario evidenzia ancora una volta come il cambiamento climatico stia modificando i cicli stagionali e l’equilibrio ambientale, sollevando nuove sfide per il futuro degli inverni italiani in un contesto sempre più caldo e imprevedibile.