Bradisismo ai Campi Flegrei, trivellazioni in arrivo: soluzione o catastrofe?

"C’è la possibilità che ci siano materiali pericolosi nei fluidi. Ma c’è anche la possibilità che ci siano materiali benefici"
MeteoWeb

Negli ultimi anni, i Campi Flegrei hanno catturato l’attenzione di esperti e media a causa della loro attività vulcanica e sismica. Un recente intervento del professor Robert J. Bodnar, vulcanologo del Virginia Polytechnic Institute, ha riacceso il dibattito sulla possibilità di utilizzare trivellazioni per monitorare e gestire il bradisismo nella regione. In visita a Pozzuoli, Bodnar ha presentato la sua ricerca e le tecniche che potrebbero, secondo lui, ridurre gli eventi sismici legati all’attività geologica del sito.

La ricerca: “La Terra che respira”

La ricerca, intitolata “La Terra che respira“, co-autore insieme a Bodnar, comprende un team di scienziati, tra cui il professor Benedetto De Vivo e la professoressa A. Lima. Il loro lavoro esplora la possibilità di controllare il movimento dei fluidi sotterranei attraverso la perforazione di pozzi, un approccio che ha suscitato preoccupazioni tra ambientalisti e autorità locali. Nonostante le critiche, Bodnar è fiducioso che questa tecnica possa portare a benefici significativi.

I principi delle trivellazioni

Durante la presentazione, il professor Bodnar ha sottolineato l’importanza di una corretta gestione dei fluidi. “Secondo i nostri dati sappiamo che l’attività sismica non dipende dalla risalita del magma, ma dai fluidi. L’idea è di farli uscire con dei pozzi“, ha affermato, come riportato dal Corriere della Sera. Questa tecnologia non è nuova e viene già utilizzata in paesi come Nuova Zelanda e Islanda, dove pozzi profondi vengono perforati per estrarre liquidi caldi, contribuendo così alla produzione di energia.

Una delle domande più rilevanti riguardo a questo approccio è la tempistica per osservare i risultati. Bodnar ha spiegato che, una volta avviato il progetto e ottenuto il finanziamento, i pozzi potrebbero diventare operativi entro un anno. “Una volta che il sistema è costruito, durerà per sempre“, ha chiarito il professore, sottolineando l’aspetto sostenibile della proposta.

Un punto cruciale nel progetto riguarda il numero di pozzi necessari per ottenere un risultato efficace. Bodnar ha affermato di aver avviato una collaborazione con il professor De Vivo e la professoressa Lima per determinare quanti pozzi sarebbero necessari per garantire un movimento adeguato dei fluidi. “Se ce n’è solo uno, i fluidi si muovono molto lentamente e non funzionerà. Bisogna mettere più pozzi“, ha spiegato.

Rischi e benefici economici

Uno dei temi più controversi riguarda la possibilità di estrarre fluidi nocivi durante il processo di trivellazione. Bodnar ha riconosciuto questa eventualità, ma ha anche sottolineato i potenziali benefici economici. “C’è la possibilità che ci siano materiali pericolosi nei fluidi. Ma c’è anche la possibilità che ci siano materiali benefici. Ad esempio, il Litio che può essere estratto per fare batterie“, ha affermato, suggerendo che la ricerca potrebbe portare a scoperte economiche significative.

Le esperienze passate e le preoccupazioni locali

Il professor Bodnar non ha trascurato i rischi associati alla perforazione. Ha dichiarato che, sebbene ci possa essere una certa attività sismica durante il processo, il suo approccio mira a ridurre la deformazione del terreno, che attualmente contribuisce alla sismicità nella regione. “Con questa tecnologia ridurremmo la quantità di deformazione del terreno e quindi anche la sismicità“, ha spiegato, citando come esempio la Nuova Zelanda, dove l’estrazione dei liquidi ha comportato un assestamento del terreno, evitando eventi sismici futuri.

Tuttavia, il professor Bodnar ha riconosciuto che la storia recente della geotermia a Pozzuoli non è stata priva di incidenti. Nel 2020, un’esplosione durante il Progetto GeoGrid ha sollevato interrogativi sull’affidabilità delle trivellazioni. Quando gli è stato chiesto se le anomalie sismiche registrate all’epoca potessero essere correlate a un’origine non naturale, Bodnar ha risposto affermativamente: “Si, sono compatibili“.

Il futuro delle trivellazioni nei Campi Flegrei

Mentre il dibattito sulle trivellazioni nei Campi Flegrei continua, le opinioni rimangono divise tra coloro che sostengono il potenziale innovativo della proposta di Bodnar e chi esprime preoccupazioni per i rischi ambientali e sismici. La comunità scientifica è in attesa di ulteriori ricerche e discussioni che possano chiarire le possibilità di un approccio che promette di affrontare le sfide geologiche della regione, unendo innovazione e sostenibilità.

Con un occhio attento alla storia geologica e sismica di Pozzuoli, la ricerca del professor Bodnar rappresenta un tentativo audace di navigare le acque turbolente di una regione in continua evoluzione. Le prossime fasi del progetto potrebbero rivelarsi decisive per il futuro dei Campi Flegrei e delle loro comunità.

Condividi